Dal gusto simile a quello dei ceci, ma più delicato, in Italia la cicerchia è protagonista di antiche zuppe regionali, che in passato i contadini mangiavano nei mesi invernali con la pasta o con il pane raffermo, per scaldarsi con un piatto corroborante e poco costoso. La ricetta di base si prepara facendo soffriggere sedano, carota, cipolla con olio d’oliva, aggiungendo le cicerchie, ricoprendole con acqua e lasciando cuocere la zuppa per almeno un paio d’ore, finché i legumi saranno diventati teneri.

donnamoderna.com
donnamoderna.com

Ogni regione, poi, ha la sua variante: nelle Marche, per esempio, si aggiunge salsa di pomodoro, lardo o pancetta; in Campania il guanciale; in Toscana le patate o il farro; in Umbria un profumato trito di rosmarino, prezzemolo, salvia e menta; in Molise il lardo e le sagne, una pasta fatta a mano simile alle tagliatelle, ma senza uova; nel Salento gli spunzali (cipollotti freschi).

Tra le ricette da riscoprire ci sono, ancora, la fracchiata abruzzese, la polenta di farina di cicerchie, condita con alici fritte e peperoni dolci secchi, e il purè, da servire con lo zampone o con le salsicce. Prima di cucinarle, è necessario mettere a bagno le cicerchie in acqua tiepida per almeno 24 ore, per far sì che si ammorbidiscano e perdano la latirina, una sostanza indigesta dal sapore amaro.

Grazie alla loro capacità di crescere nei terreni aridi e di resistere a temperature estreme, le cicerchie per secoli hanno sfamato le famiglie in tempi di carestia e durante le annate peggiori. Poi, con l’arrivo del boom economico e il cambio di gusti e abitudini, sono quasi del tutto scomparse. Da qualche anno, però, stanno lentamente tornando sulle tavole, grazie agli agricoltori di alcune regioni del Centro e Sud della Penisola che ne stanno recuperando la coltivazione. Nel mondo oggi si contano una ventina di varietà: la maggior parte proviene dall’Africa, dall’Asia e del Sud America, dove il consumo è sempre rimasto costante – proprio per la grande adattabilità di cui sono dotate –, mentre nel nostro Paese nascono alcune varietà particolarmente minute e pregiate. Tra queste la Cicerchia di Serra de’ Conti (Ancona), dal sapore dolce, che è rinata grazie a una cooperativa di giovani agricoltori ed è Presidio Slow Food; quella di Campodimele, coltivata in questo minuscolo borgo collinare della provincia di Latina, che tutt’ora viene raccolta mediante battitura manuale della pianta; la cicerchia flegrea, seminata lungo i terrazzamenti dei vigneti della zona, al centro di un progetto di rilancio e valorizzazione ad opera della comunità Slow Food dei Campi Fregrei. E ancora, ben tre varietà siciliane – quella di Monreale, la Giarratana e la Maior Corleone.

Nel 2016, insieme a fave, fagioli, lenticchie, la cicerchia sarà protagonista dell’Anno Internazionale dei Legumi proclamato dalla FAO per promuovere la diffusione dei “Semi nutrienti per un futuro sostenibile”. Un motivo in più per tornare a consumare questo legume dimenticato, saporito e dotato di proprietà importanti per l’organismo.

Ricchissime di proteine

Le cicerchie sono tra i legumi più ricchi di proteine (ben 29,3 grammi per 100 di prodotto); contengono anche vitamine del gruppo B, fibre e minerali come fosforo e potassio, indicati contro la stanchezza e l’affaticamento mentale.

 

Iscriviti alla newsletter
per rimanere sempre aggiornato
sul mondo di Rovagnati