Da uno degli ospedali di Bologna con gli avanzi alimentari si recuperano ogni giorno trenta pasti pronti presso la mensa, per un valore complessivo di oltre 35.000 euro all’anno. A Verona otto mense scolastiche recuperano circa otto tonnellate all’anno di prodotto cotto che corrispondono a circa 15.000 pasti. Sono solo alcuni dati resi noti da Last Minute Market, uno spin-off dell’Università di Bologna nato nel 1998 da un gruppo di ricerca che dal 2003 è un’impresa nazionale dedicata al recupero e al riutilizzo di alimenti e beni invenduti (o non commercializzabili) a favore di enti caritativi. Una best practice internazionale nella lotta allo spreco alimentare, un fenomeno in continua crescita, come reso noto dalla FAO il 1o ottobre in occasione della presentazione del Rapporto 2013 “The Food Wastage Footprint-Impacts on Natural Resources” (L’impronta ecologica dello sperpero alimentare: impatto sulle risorse naturali).

mensa scolastica

Ogni italiano butta via circa 150 kg di cibo all’anno per un totale di quasi 9 milioni di tonnellate, pari a circa 15 miliardi di euro e a quasi l’1% del PIL. Lo spreco domestico, diversamente da ciò che si possa pensare, è cinque volte superiore a quello degli altri segmenti della filiera alimentare –  agricoltura, industria, ristorazione, distribuzione – e pesa sul bilancio familiare ben 1700 euro l’anno.

Nel mondo, invece, si sprecano circa 1,3 tonnellate all’anno di cibo pari ad un valore di 750 miliardi di dollari (565 miliardi di euro).

“La popolazione malnutrita – afferma Andrea Segrè, Presidente di Last Minute Market – complice la crisi economica, si estende sempre di più anche nei Paesi cosiddetti sviluppati. La fame è ovunque. È davvero uno scandalo che, come confermato dal nuovo Rapporto FAO, oltre un terzo della produzione agroalimentare mondiale si perda e si sprechi. È dalla riduzione degli sprechi che il sistema agroalimentare mondiale deve ripartire”.

Secondo le rilevazioni di “Waste Watcher”, il primo osservatorio permanente sullo spreco attivato da Last Minute Market e dall’Università di Bologna, in collaborazione con SWG, è lo spreco domestico a incidere maggiormente sulla quota annuale del cibo sprecato.

Nella spazzatura finiscono in larga parte le verdure (23%), seguite da carne (21%), frutta (19%) e cereali (18%). Notevole anche l’impatto ambientale dello spreco alimentare. Quello di carne, ad esempio, ha un grande impatto a causa degli elevati costi di produzione.

Lo spreco è “solo” il 4%, ma l’incidenza economica è cinque volte maggiore.

“Oltre all’imperativo ambientale, ve n’è anche uno di natura etica: non possiamo permettere che un terzo di tutto il cibo che viene prodotto nel mondo vada perduto o sprecato a causa di abitudini inappropriate-inopportune, quando vi sono 870 milioni di persone che soffrono la fame”, ha sottolineato José Graziano da Silva, Direttore Generale FAO, durante la presentazione del Rapporto.

“Tutti noi”, ha continuato da Silva, “agricoltori e pescatori, lavoratori del settore alimentare e supermercati, governi locali e nazionali, singoli consumatori, dobbiamo apportare dei cambiamenti ad ogni anello della catena di approvvigionamento alimentare al fine di evitare, in primo luogo, lo sperpero di cibo e dobbiamo riutilizzare o riciclare il cibo, laddove è possibile”.

 

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