Maccheroni alla chitarra

Grossi spaghetti del diametro di due o tre millimetri, che grazie al loro spessore “accolgono” alla perfezione il sugo e soddisfano il palato. I maccheroni alla chitarra o “carrati” sono una specialità della cucina abruzzese, preparati con 100 grammi di farina, un uovo e un pizzico di sale, come la classica pasta fresca all’uovo; a differenza di quest’ultima, però, la ricetta prevede l’uso della farina di grano duro, e non di grano tenero, per una consistenza più robusta.

L’impasto è lavorato a lungo, naturalmente a mano, fino a diventare elastico e quindi resistente in cottura, poi tirato con il matterello in sfoglie – le “péttole” nel dialetto regionale – che vengono adagiate sulla cosiddetta “chitarra” o “maccarunàre”, il singolare attrezzo costituito da un telaio di legno di faggio ricoperto da sottili fili d’acciaio, tesi proprio come le corde di uno strumento musicale e posti a distanza di circa un millimetro l’uno dall’altro. Con l’aiuto del matterello, pressato sulla sfoglia, la pasta penetra tra i fili della chitarra e viene tagliata in striscioline dalla sezione quadrata, spesse e porose.

 

I maccheroni abruzzesi...

Spaghetti alla chitarraCitati già in alcuni ricettari medievali, nei secoli passati i “maccaruni” alla chitarra o “tonnarelli” erano preparati soltanto con farina di grano duro e acqua, così l’impasto risultava ancora più solido. Con l’aggiunta delle uova – e talvolta della farina 00 – gli spaghetti sono altrettanto “robusti” ma non corrono il rischio di rompersi durante la cottura.

Il tradizionale condimento abruzzese è rappresentato da corposi sughi di carne, come il ragù di agnello o misto, a base di maiale e manzo. A Teramo, invece, questo speciale formato di pasta è accompagnato dalla salsa di pomodoro e dalle “pallottelle” o “pallottine”, polpettine di carne di vitello fritte, larghe circa un centimetro.

Dall’Abruzzo i maccheroni si sono diffusi in altre regioni della Penisola, a cominciare dal Molise, dove sono conosciuti anche come “creoli” e sono protagonisti di un primo piatto semplice ma gustoso – vengono infatti insaporiti in un soffritto di aglio, cipolla, olio extravergine d’oliva, pancetta a dadini, una spolverata di pepe e qualche pezzetto di peperoncino, infine serviti con abbondante pecorino grattugiato. Li ritroviamo inoltre nella Capitale, con un insolito intingolo a base di mentuccia fresca, molto usata nella gastronomia laziale, e pecorino romano.

 

…e i troccoli pugliesi

In Puglia esiste un’altra variante dei tonnarelli, i troccoli, che hanno una sezione ovale – e non quadrata come i “cugini” d’Abruzzo – e sono realizzati con il “troccolaturo”, un matterello in bronzo o legno dotato di scanalature, che passato sulla sfoglia la divide in spaghetti piuttosto spessi.

Nella bella regione ogni famiglia custodisce una ricetta propria, ma i condimenti classici dei troccoli sono due: il “triplice”, un ricco ragù cucinato con tre tipi di carne – agnello, maiale e cavallo o, in alternativa, vitello –, e uno più leggero, con pomodori secchi, mollica di pane raffermo abbrustolita in padella, aglio, olio, acciughe e peperoncino.

 

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