In Sicilia anche una semplice minestra di riso in brodo può diventare una pietanza golosissima, perfetta per ritemprare il corpo e lo spirito nelle serate d’inverno. Come le ganeffe, piccole polpette di riso allo zafferano che vengono fritte in olio extravergine di oliva e servite fumanti nel brodo di carne, con un’abbondante spolverata di pecorino o caciocavallo grattugiato. Conosciute pure come badduzzi di risu cu brodu (palline di riso col brodo), sono tipiche delle province di Enna e Caltanissetta, dove vengono gustate a cena o come ‘piatto della domenica’ durante i mesi freddi. Non sono tra le specialità locali più famose, tanto che è veramente difficile trovarle nei ristoranti delle due città, così, per scongiurarne l’estinzione, il Ministero dell’Agricoltura qualche anno fa le ha inserite tra i Prodotti agroalimentari tradizionali dell’isola, accanto ad istituzioni della gastronomia siciliana come la caponata di melanzane, gli arancini e la cassata.
Nelle abitazioni ennesi esistono due procedimenti per cucinare i badduzzi ed è impossibile stabilire quale sia quello ‘originale’: alcune massaie lessano il riso in abbondante acqua salata, lo lasciano raffreddare, poi aggiungono un uovo intero, una bustina di zafferano, un pizzico di pepe, un pugno di pecorino, di caciocavallo ragusano – per chi ama i sapori più delicati –, oppure dell’antichissimo caciocavallo di Godrano, un formaggio vaccino prodotto nell’omonimo comune del palermitano, dal gusto piccante. Con questo impasto dal colore dorato formano delle invitanti palline delle dimensioni di una noce, che impanano nella farina e nell’uovo battuto e friggono in olio extravergine di oliva. Infine lasciano ammorbidire le ganeffe per qualche minuto nel brodo di manzo bollente, servendo la minestra con altro formaggio grattugiato. In alternativa, c’è chi preferisce preparare un classico risotto allo zafferano – tostando il riso, unendo il vino bianco e lo zafferano, cuocendo con il brodo e infine mantecando col burro – e successivamente ricavarne le polpettine da impanare e friggere.
Origini arabe
La ricetta del riso allo zafferano – da cui le ganeffe derivano – comparve per la prima volta tra le pagine del Libro novo nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivande (1557) di Cristoforo da Messisbugo, cuoco rinascimentale al servizio degli Estensi di Ferrara, che la inserì nel paragrafo dedicato a “dieci piatti di riso alla ciciliana”. Ma si può facilmente immaginare che questa pietanza sia molto più antica, dal momento che la coltivazione del riso, così come quella dello zafferano, furono introdotte in Sicilia dagli Arabi, nel IX secolo d.C. Dal connubio tra questi due ingredienti nacquero gli arancini, che col tempo divennero il più famoso cibo di strada dell’isola, e – come scriveva Messisbugo – il risotto allo zafferano, che secondo questa ipotesi – avvalorata da vari storici tra cui T. D’Alba – sarebbe quindi nato in Sicilia e giunto in Lombardia soltanto alla fine del XV secolo, dopo le nozze tra Isabella d’Aragona e il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza.
La ricetta delle ganeffe di riso in brodo
Per 4 persone
Ingredienti
250 gr di riso
100 gr di formaggio grattugiato (parmigiano o pecorino)
Una bustina di zafferano
2 uova
Brodo di manzo
Farina q.b.
Olio extravergine di oliva
Sale e pepe q.b.
Procedimento
Lessate il riso in acqua salata, scolatelo al dente e lasciatelo raffreddare, poi unite lo zafferano sciolto in poca acqua, la metà del formaggio grattugiato, un pizzico di pepe e un uovo. Mescolate il composto e formate tante palline della dimensione di un’oliva. Impanate le ganeffe nella farina e nell’uovo battuto e friggetele in abbondante olio extravergine. Fate sgocciolare le palline su carta assorbente, dopodiché tuffatele nel brodo caldo e fate insaporire il tutto per un paio di minuti. Servite con il restante formaggio grattugiato.