È sufficiente darle soltanto una veloce occhiata per capire di essere di fronte a una specialità non adatta ai palati “delicati”: con il suo colore rosso vivo la Salsiccia di Calabria mostra subito un carattere “forte”, legato all’abbondante presenza del peperoncino.

Prodotto da tempi lontanissimi nella punta dello Stivale, dove la lavorazione del maiale ebbe origine all’epoca della Magna Grecia, il saporito insaccato è tra i fiori all’occhiello della norcineria di questa terra, insieme alla soppressata, al capocollo, alla pancetta – tutti a marchio DOP, come la stessa salsiccia – e alla ‘nduja, un salame spalmabile e piccante tipico del borgo di Spiliga (Vibo Valentia).
In cucina la salsiccia calabrese merita di essere gustata da sola, accompagnata dal pane casareccio locale, come l’enorme pagnotta con la “gobba” di Cerchiara (Cosenza), che raggiunge il peso di due o tre chili e si mantiene morbida per 15 giorni, il pane di Cutro (Crotone), ricavato per l’80 percento da farina di grano duro, e quello di segale di Reggio Calabria. Nei ristoranti e nelle trattorie regionali viene tagliata al coltello e servita con gli altri salumi calabresi e i formaggi, dal butirro, un piccolo caciocavallo dal morbido cuore di burro, alla fresca felciata di latte caprino, fino al celebre caciocavallo della Sila, alla giuncata di capra o di vacca e al “paddaccio”, una formaggetta a pasta molle dal gusto dolce. Per apprezzarla al meglio va abbinata a uno dei corposi vini rossi della zona, come il Cirò Superiore Riserva, secco e vellutato, o il Savuto, un vino pieno e asciutto che nasce tra le province di Cosenza e Catanzaro.
Qualcuno però ama impiegarla per dare un tocco in più a piatti leggeri, ad esempio alle zuppe di legumi, perfette in questa stagione, ai piselli in padella, agli ortaggi trifolati – carciofi, melanzane, zucchine – o ad un semplice piatto di pasta al sugo di pomodoro.
Una volta acquistata, la salsiccia calabrese si conserva fino a dodici mesi senza cambiamenti nella consistenza e nel sapore, a patto, però, di riservarle un posto in una stanza fresca e priva di umidità, magari appendendola al soffitto. Può essere messa sott’olio o sotto grasso, all’interno di barattoli di vetro ben puliti.
Le caratteristiche
Ricavata da suini delle razze Apulo-Calabrese, Large White, Landrace e Duroc, provenienti da allevamenti esclusivamente italiani, la salsiccia è ottenuta dalla lavorazione della spalla, della coscia e del sottocostola, con una minima quantità di lardo (tra il 6 e il 20 percento). L’impasto, aromatizzato con peperoncino rosso piccante o dolce, vino e pepe nero, viene insaccato in budelli naturali dalle mani esperte dei norcini calabresi, che poi danno a ogni salame la caratteristica forma a ferro di cavallo. Con lo stesso procedimento viene prodotta anche la Salsiccia di Calabria di Rovagnati, dal gusto decisamente “pungente”.
La stagionatura dura almeno trenta giorni: in questa fase il clima sempre temperato della Calabria – mai eccessivamente piovoso o rigido, neppure d’inverno –, unito alla brezza marina che arriva dalle coste ioniche e tirreniche, contribuisce notevolmente a determinare il sapore unico del pregiato salume.
La salsiccia “nascosta”

Nel secolo scorso i calabresi trovarono un ingegnoso modo per aggirare il divieto di importazione dei salumi negli Stati Uniti – eliminato definitivamente soltanto un anno fa – e permettere ai propri cari emigrati oltreoceano di gustare le specialità di casa loro: decisero di nascondere i salumi all’interno del formaggio! Nacque così la “farci-provola”, un latticino a pasta filata ripieno di salame, soppressata o capocollo calabrese, che poteva varcare la frontiera senza alcun problema. Oggi l’interdizione non esiste più, ma la farci-provola rimane tra le più gustose prelibatezze della fertile terra di Calabria.