Protagonista indiscusso della cucina italiana, dopo essere stato trascurato per oltre vent’anni sta tornando di prepotenza sulle tavole. Se uno degli usi più noti è come condimento di piatti come l’amatriciana, che l’ha reso famoso in tutto il mondo, il pecorino è sempre più presente nella dieta settimanale, tanto che il consumo continua a crescere, anche negli Stati Uniti (fonte Coldiretti Sardegna).
Quello toscano, già citato da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia, è tra i formaggi più antichi e pregiati della Penisola, apprezzato da secoli per il suo sapore intenso, ma mai piccante o ‘invasivo’. Il pecorino fresco, dalla pasta tenera e dal gusto più delicato, è ideale da assaporare in purezza sul pane sciocco della Toscana, ma può diventare protagonista di abbinamenti raffinati con marmellate, miele o mostarde di frutta. In cucina viene impiegato a tutto pasto: immancabile nell’antipasto con i salumi regionali – la Finocchiona, il Salame Toscano, il Lardo di Colonnata o la Mortadella di Prato – è perfetto per farcire schiacciate, torte salate, ravioli e tortelli, involtini di carne o verdure. Il sito del Consorzio di Produzione, in cui trovare tante ricette sfiziose, suggerisce di utilizzarlo per preparare una golosa fonduta da servire con le costolette di cinghiale, per dare un tocco in più alle scaloppine di vitello o come ripieno del rollè di tacchino. E a sorpresa compare persino come ingrediente di dolci dedicati ai palati ‘temerari’, per esempio torte e crostate in cui è abbinato a mele e mascarpone oppure a noci e formaggio magro.
Quello stagionato, dalla consistenza dura e dal gusto deciso, è invece ottimo da grattugiare sulla pasta o sui piatti famosi della cucina toscana, come la ribollita, i cardi gratinati e la zuppa di cipolle.
Una fonte di Omega 3 e Vitamina A
Una fonte di Omega 3 e Vitamina A
Forse non tutti sanno che questo storico formaggio, tutelato dal marchio DOP dal 1996, è anche un concentrato di virtù preziose per il nostro organismo: è quanto emerge da alcuni studi commissionati dal Consorzio di Tutela del Pecorino Toscano DOP alle Università di Pisa, Parma e Firenze e alla Scuola Superiore di Studi Sant’Anna di Pisa.
Il latte delle pecore ‘felici’, allevate con sistema semiestensivo nei pascoli della regione, con il quale si produce il Pecorino, è più ‘buono’ in tutti i sensi: ha un sapore migliore ed è più salutare. La ricerca ha dimostrato che gli ovini che pascolano all’aperto e vengono alimentati con mangimi di qualità, come semi di lino ed erbaggi freschi, producono un latte con un’elevata percentuale di grassi buoni, come gli Omega 3 – gli stessi contenuti nell’olio extravergine di oliva, che aiutano a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo – e l’acido linoleico – appartenente alla famiglia degli Omega 6, dall’azione antiossidante. Tra le altre sostanze benefiche del pecorino ci sono la Vitamina A, importante per il benessere della vista e della pelle, e il calcio in forma altamente assimilabile, indispensabile nell’età evolutiva e per la salute della donna.
Nato insieme agli Etruschi
Nato insieme agli Etruschi
L’allevamento degli ovini nel territorio corrispondente all’attuale Toscana è una pratica antichissima, risalente addirittura al Neolitico. La produzione del formaggio ebbe inizio con gli Etruschi ed era legata alla necessità di conservare il latte ed evitare che andasse a male. Durante il Medioevo in Toscana si produceva un formaggio chiamato ‘Marzolino’ – veniva lavorato, infatti, soltanto nel mese di marzo –, considerato l’antenato del Pecorino, che l’umanista Bartolomeo Platina, nel 1475, descrisse come il miglior formaggio d’Italia, insieme al Parmigiano. La lavorazione del cacio toscano rimase per secoli una tecnica che si tramandava da padre in figlio, senza alcuna regola scritta, fino al 1832, quando Ignazio Malenotti, membro della società Linneana di Parigi, pubblicò il “Manuale del Pecoraio”, riportando per la prima volta il procedimento per prepararlo.
Oggi il Pecorino è ricavato da latte appartenente a diverse razze, autoctone (Appenninica, Sopravissana e Massese), ma anche sarde: nel secondo dopoguerra, infatti, molti pastori toscani lasciarono la campagna per la città, e i sardi si trasferirono qui importando il bestiame dalla loro terra di origine. La produzione e la stagionatura comprendono l’intera Toscana insieme ad alcuni comuni dell’Umbria (Allerona e Castiglione del Lago) e della provincia di Viterbo. Il formaggio è ricavato esclusivamente da latte di pecora intero, coagulato con caglio di vitello e messo a gocciolare in apposite forme, poste all’interno di locali riscaldati. La salatura viene effettuata in salamoia oppure a secco, cioè spargendo il sale direttamente sulla superficie del Pecorino Toscano DOP. L’ultima fase è la stagionatura, che dura dai 20 ai 60 giorni per il Pecorino a pasta tenera e dai quattro ai dieci mesi per quello semiduro.