Sono originari del Belgio, come testimonia il loro nome, ma il Paese in cui vengono apprezzati di più è la Scozia, dove gli abitanti ne mangiano ben tre chili – contro i 600 grammi della loro terra natale – a testa in un anno. I cavolini di Bruxelles sono i più piccoli componenti della famiglia delle Brassicacee, la stessa a cui appartengono cavoli, verze, cime di rapa: un ortaggio invernale poco diffuso sulle tavole della Penisola, ma che come tutti i cavoli è ricco di virtù preziose per l’organismo. La caratteristica forma delle gemme – che rappresentano la parte commestibile –, simile a quella di un cavolfiore in miniatura, e il sapore intenso ma non invasivo li rende un alimento ricercato, da utilizzare sia crudo che cotto per preparare insalate e contorni raffinati.
In cucina
In cucina
Per consumarli a crudo è sufficiente tagliarli a fettine molto sottili, condirli con olio, sale, aceto balsamico o succo di limone e abbinarli a ingredienti che riescono a bilanciarne il retrogusto leggermente amaro, per esempio le pere o le mele, i finocchi, la frutta secca come mandorle e nocciole o i formaggi dolci, come Asiago, Montasio o Brie. Lessi, al vapore – così le proprietà nutritive non si disperdono nell’acqua –, o saltati in padella sono un contorno perfetto per la carne o il pesce arrostito, indicato per una cena leggera e ipocalorica.
Ma i cavolini danno il meglio di sé brasati, con una noce di burro, uno spicchio d’aglio tritato e qualche cucchiaio di brodo, mentre gratinati in forno con abbondante parmigiano grattugiato e besciamella, oppure con panna e prosciutto cotto, si trasformano in un golosissimo piatto unico. Lessati per qualche minuto e saltati in un tegame, con olio, aglio, pancetta o speck, diventano infine un ottimo condimento per la pasta, per un primo saporito e diverso dal solito.
Tante proprietà in un piccolo formato
Tante proprietà in un piccolo formato
Nonostante il formato ridotto, come tutte le Brassicacee i cavolini di Bruxelles sono dotati di importanti proprietà nutritive. Con un vantaggio: grazie alle loro dimensioni contengono una minore quantità di zolfo e, quindi, durante la cottura emanano un odore meno forte rispetto ai ‘cugini’ più grandi.
I cavoletti sono una fonte di minerali (in particolare di ferro, fosforo, potassio e calcio) e sono ricchi di fibre, che preservano l’equilibrio della flora intestinale. Possiedono anche vitamina C, importante per rafforzare il sistema immunitario – soprattutto nel periodo invernale, quando raffreddori e influenze sono dietro l’angolo –, vitamina A (betacarotene), che protegge la vista, B9 (acido folico), indispensabile in gravidanza, per prevenire spina bifida e altre gravi malformazioni del feto, e K, che aumenta la concentrazione e protegge le cellule cerebrali dall’invecchiamento. E, ancora, racchiudono preziosi antiossidanti come il solforafano e la zeaxantina: il primo previene artriti e altre patologie delle ossa, combattendo il logoramento delle articolazioni, la seconda aiuta a tenere lontane le malattie dell’occhio legate all’avanzare dell’età, come la cataratta e la degenerazione maculare. L’acqua di cottura delle foglie è dotata di un forte potere disintossicante, tanto che in passato veniva somministrata come rimedio contro i postumi di ‘sbornie’ e ubriacature.
Un ortaggio che ama il freddo
Un ortaggio che ama il freddo
Coltivati sin da tempi lontani nel Nord Europa, i cavolini arrivarono in Italia durante la conquista romana della Gallia, nel I secolo a.C., importati dalle truppe che avevano occupato il territorio belga. Ma, nonostante siano passati più di duemila anni, sui terreni nella nostra Penisola sono tutt’ora poco diffusi. Amano, infatti, il clima freddo del Nord Europa: le coltivazioni maggiori si trovano tra Gran Bretagna, Nord della Francia, Olanda, Danimarca e Scandinavia – qui vengono serviti soprattutto accanto a stufati e sostanziosi piatti di carne –, da dove arrivano anche quelli che troviamo nei mercati italiani.