Ancora oggi noto come la spezia più cara sul mercato, lo zafferano durante il Rinascimento conosce il periodo di apice dell’importazione in Europa, arrivando a costare persino più dell’oro! Il suo successo era dovuto al cambiamento dei gusti degli europei che iniziavano a prediligere sapori dal forte carattere e una cucina più raffinata e complessa.
Il valore dello zafferano era tale da attirare l’interesse di pirati e banditi che non di rado infestavano le vie commerciali marittime e terrestri proprio alla ricerca dei preziosi carichi di spezie provenienti dall’Asia Medio-orientale, tradizionale culla di questo bene prezioso. Tale era l’interesse economico dello zafferano che si arrivò persino a falsificarlo con spezie simili ma prive delle pregiate caratteristiche, e in alcuni codici penali europei i contraffattori rischiavano fino alla pena di morte!
Ma cos’è che rende lo zafferano così unico e costoso? Innanzitutto è molto difficile da coltivare e ancora oggi richiede una quantità enorme di lavoro manuale, nonostante i traguardi tecnologici raggiunti. Messa a coltura preferibilmente in zone caratterizzate da inverni freddi e secchi ed estati calde, la pianta dello zafferano (Crocus sativus il nome scientifico) sviluppa dei fiori di un intenso colore viola che compaiono in autunno e contengono gli stimmi, fili rossi da cui viene prodotta la spezia attraverso essiccazione. Mediamente, per produrre 1 chilo di prodotto essiccato occorrono 5 chili di raccolto, ovvero circa 100mila fiori trattati manualmente. Prima di diventare un ingrediente diffuso in numerose tradizioni culinarie oltre i confini mediorientali, lo zafferano era usato per lo più come colorante, nella cosmesi, come profumo e in medicina per aiutare la digestione.
Sebbene oggi venga prodotto e coltivato in diverse aree del mondo, lo zafferano proviene per l’80% circa dall’’Iran. Anche l’Italia ha il suo posto nella storia dello zafferano: non solo importatori e consumatori, oggi produciamo ottimo zafferano soprattutto, ma non solo, in Abruzzo. Come spiega dettagliatamente l’Associazione Zafferano Italiano, tra il 1200 e il 1300 era iniziata la coltivazione di questa spezia a partire dall’Altopiano di Navelli (L’Aquila) per poi espandersi nei territori circostanti dando così vita a un intenso commercio che raggiungeva le grandi città del nord Europa.
Dopo il periodo di declino durante il XX secolo – dovuto principalmente alla difficoltà dei metodi di coltivazione pressoché interamente manuali e alla diffusione di prodotti surrogati e di sintesi -, si è tornati ad assistere a una ripresa di questa tradizione produttiva: infatti, nel 2005 l’Unione Europea ha attribuito il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) allo “Zafferano dell’Aquila”. L’interesse crescente verso forme di produzione locali e alla qualità del cibo ha favorito la ripresa della produzione dello zafferano anche in Toscana, Sardegna, Marche, Umbria ed Emilia Romagna. In questi territori il risveglio di interesse per questa antica coltura ha fra l’altro coinciso con il recupero di terreni marginali o abbandonati, dando un ulteriore contributo alla trasformazione e rivitalizzazione dell’agro-alimentare nazionale, coniugando tradizione e innovazione.