Si parla molto di sana alimentazione eppure la Sindrome metabolica resta la malattia più diffusa dei nostri tempi. Si caratterizza per la presenza di uno o più effetti di una cattiva alimentazione: obesità, elevata glicemia a digiuno, ipertensione, bassi livelli di colesterolo HDL, alta concentrazione di trigliceridi nel sangue. Si guarisce con la Dieta Mediterranea che, però, deve essere seguita correttamente. Per molti, troppi, infatti, Dieta Mediterranea significa soprattutto pasta e pane. Non è così!
Se ne parlerà giovedì 3 e venerdì 4 aprile a Milano presso la Fondazione Stelline a Milano, in occasione di NutriMI, VIII Forum Internazionale di Nutrizione Pratica. “Molti credono che la Dieta Mediterranea permetta di abusare del pane e della pasta, ma non è così. È importante anche effettuare un’attività fisica regolare: per perdere peso il bilancio energetico quotidiano dev’essere negativo – sostiene Carlo Maria Rotella, Professore Ordinario di Endocrinologia all’Università di Firenze, tra i relatori –. L’utilizzo di acidi grassi mono e polinsaturi e un introito di carboidrati proporzionato al dispendio energetico hanno un effetto preventivo sulla sindrome metabolica”. La conferma viene dallo studio PREDIMED i cui risultati sono stati pubblicati recentemente sul New England Journal of Medicine, al termine di una ricerca condotta su 7500 persone per cinque anni. Dallo studio è emerso che seguire la Dieta Mediterranea diminuisce del 30% il rischio di incorrere in patologie cardiovascolari.
Il menu
Il menu
Cosa vuol dire seguire la Dieta Mediterranea? Ogni giorno bisognerebbe ingerire il 55% delle calorie da alimenti a base glucidica (pasta, pane, riso, patate, cereali), il 30% dai grassi e il 15% dalle proteine. Ciò che conta, però, è dare maggiore spazio ai prodotti della terra: cereali, frutta e verdura, legumi, olio extravergine di oliva. Le proteine animali – uova, carne e pesce – vanno alternate e consumate, singolarmente, non più di quattro volte alla settimana in porzioni da 100-150 grammi.
Diabesità
Diabesità
In Italia si stima che il 24% della popolazione soffra di sindrome alimentare. Un dato che risulta più alto se si guarda soltanto alla categoria degli over 50: in questo caso è 1 italiano su 2 a risultare più esposto all’insorgenza di eventi cardiovascolari che, in alcuni casi, possono risultare anche fatali.
Ad esempio, la maggior parte dei pazienti con diabete di tipo 2 è sovrappeso o obeso. Non è un caso, infatti, che l’aumento della sua prevalenza – oggi in Italia si contano 3,5 milioni di malati – sia, negli anni, andato avanti di pari passo con la maggiore diffusione del sovrappeso e dell’obesità. “Il diabete di tipo 2 è il figlio primogenito dell’obesità – afferma Paolo Sbraccia, Professore Ordinario di Medicina Interna all’Università di Tor Vergata e Presidente della Società Italiana dell’Obesità (SIO) –. Oggi il paziente diabetico e obeso viene definito con un neologismo: diabeso. I pazienti colpiti da questa condizione sono tanti: circa l’80% di coloro che soffrono di diabete tipo 2, ovvero un numero compreso tra 2,5 e 2,8 milioni di individui”. Gestire il peso è il primo passo da compiere: per prevenire la malattia, ma anche per curarla. Se il danno causato dal diabete di tipo 2 non è irreversibile, comportamenti alimentari più equilibrati possono far parzialmente regredire tale patologia.