Chizze reggianeNella ricchissima tradizione dei cibi di strada dell’Emilia Romagna, tra piadine e tigelle, gnocchi fritti, crescentine e borlenghi, ce n’è un altro meno celebre ma ugualmente goloso: è la “chizza” – che nel dialetto locale vuol dire focaccia –, un soffice triangolo di impasto fritto con un cuore di Parmigiano Reggiano fuso. Uno street food semplice e davvero prelibato, difficile però da trovare nei bar e nelle friggitorie di Reggio Emilia, che ormai viene preparato soltanto da poche trattorie e osterie: tra i locali in cui è possibile assaggiarlo c’è la “La Bettolina”, un ristorantino casereccio di Vezzano sul Crostolo, borgo delle colline reggiane, dove viene servito accanto agli immancabili affettati regionali, dal Prosciutto di Parma alla Coppa Piacentina.

Nelle case, tuttavia, le chizze sono ancora molto apprezzate: consumate come antipasto assieme ai salumi, vengono impastate con farina, un po’ d’acqua, lievito, olio extravergine di oliva e strutto, due ingredienti che rendono la sfoglia morbidissima e saporita. Dal panetto ottenuto, steso con il matterello, le massaie reggiane ricavano dei quadrati di circa quindici centimetri per lato, che farciscono poi con scaglie di Parmigiano Reggiano ‘giovane’ – stagionato per dodici mesi, dalla consistenza più tenera – e friggono nello strutto. Sono buone anche fredde, ma l’ideale è gustarle appena fatte, quando sono ancora caldissime e il formaggio è ben sciolto. E c’è pure chi preferisce riempirle come l’erbazzone, la famosa torta salata nata secoli fa nelle campagne di Reggio Emilia, formata da due sottili sfoglie di farina, acqua e strutto ripiene di spinaci o bietole, uova battute e Parmigiano grattugiato.

 

Originarie del ghetto ebraico di Reggio Emilia

Le chizze sono la rivisitazione di un antico pane ebraico, “preparato soprattutto dal mondo israelita”, come racconta il gastronomo Alessandro Molinari Pradelli nel volume La cucina dell’Emilia Romagna. Nella ricetta originale non venivano impastate con lo strutto – il consumo del maiale è proibito dalla religione ebraica – ma con il grasso d’oca oppure con “l’agresto (mosto di uva acerba, fatta bollire per lunghe ore)”. In Emilia queste focacce arrivarono attraverso il ghetto ebraico di Reggio, grazie al panettiere Federico Sacerdoti, detto Salamein, che ai primi del Novecento era titolare di un forno in Via dell’Aquila dove impastava buonissime chizze con l’agresto. Quando si diffusero nel resto della città, gli emiliani sostituirono questo ingrediente, difficile da trovare, con un altro a loro più ‘familiare’ come lo strutto, presente in tutti i cibi di strada regionali, dalla piadina all’erbazzone.

 

La ricetta

Ingredienti per 6 persone

500 gr di farina
200 gr di Parmigiano reggiano a scaglie
15 gr di burro
15 gr di strutto
Mezza bustina di lievito per torte salate
3 cucchiai di olio extravergine di oliva
Strutto o olio per friggere
Sale q.b.

Procedimento

Disponete la farina a fontana sulla spianatoia, mettete al centro il burro morbido, lo strutto, l’olio, il lievito e un pizzico di sale; mescolate tutti gli ingredienti, aggiungendo se necessario un po’ acqua, fino a ottenere un impasto liscio e omogeneo che farete riposare per un’ora.
Trascorso il tempo necessario, riprendete il panetto e stendetelo con il matterello. Con una rotella dentata ricavate dei quadrati (larghi circa 15 cm per lato), al centro di ciascuno mettete un pezzetto di Parmigiano reggiano, ripiegate la sfoglia a triangolo e chiudete i bordi. Friggete le chizze nello strutto o in olio di semi per un risultato più leggero, finché saranno dorate. Fatele gocciolare su carta assorbente e servitele caldissime.

 

Iscriviti alla newsletter
per rimanere sempre aggiornato
sul mondo di Rovagnati