Lenticchie, fagioli, ceci, fave, piselli, soia, ma anche varietà oggi quasi scomparse, come lupini, cicerchie e rovigli, antichissimi piselli neri originari del Medio Oriente. I “semi nutrienti per un futuro sostenibile” saranno i protagonisti del 2016, proclamato dalla FAO l’Anno Internazionale dei Legumi: economici e sostanziosi, i semi delle leguminose sono un alimento indispensabile per la salute dell’uomo e una risorsa preziosa per vincere la sfida della fame nei Paesi in Via di Sviluppo.
Pasta e fagioli, rappresentata anche in un famoso quadro – il “Mangiafagioli” di Annibale Carracci –, pasta o riso e piselli, pasta e lenticchie e poi le zuppe, i contorni, le insalate… i legumi sono indiscussi protagonisti della cucina italiana e mediterranea. Ogni regione, ogni territorio, ogni piccolo paese ha le sue tradizioni gastronomiche. Presenti in decine di varietà lungo tutta la Penisola, dopo essere stati emarginati dalla tavola italiana oggi sono tornati prepotentemente in dispensa e sulla tavola, reinterpretati anche in piatti gourmet.
I benefici per la salute e per l’ambiente
Tra i cibi cardine della Dieta Mediterranea – secondo le indicazioni della Piramide Alimentare andrebbero consumati almeno due volte a settimana –, i legumi sono un autentico concentrato di benessere per l’organismo, indispensabili all’interno di un regime equilibrato. Ricchissimi di proteine – ne contengono il doppio rispetto al grano e il triplo al riso –, sono poveri di grassi e rappresentano una fonte importante di amminoacidi, vitamina B, fibre – 100 grammi di fagioli ne racchiudono ben 17 grammi – e sali minerali come magnesio e fosforo, contenuti in particolare nelle lenticchie. E ancora, la totale assenza di glutine li rende adatti ai celiaci, mentre il ferro, di cui sono ricchi, è un valido alleato per contrastare l’anemia nelle donne e nei bambini.
I legumi non fanno bene soltanto alla salute dell’uomo, ma pure a quella dei terreni: hanno una resa di tre volte superiore a quella dei cereali, aumentano l’efficienza dell’irrigazione e non necessitano di grandi quantità di fertilizzanti per crescere, riducendo di conseguenza l’inquinamento. E poi i residui dei raccolti possono essere impiegati come foraggio per gli animali, facendo crescere la concentrazione di azoto e la fertilità del suolo. Grazie a queste caratteristiche, possono rappresentare una reale opportunità di crescita economica per gli agricoltori dei Paesi poveri, senza contare che il loro alto valore nutritivo li rende uno degli alimenti principali per combattere la malnutrizione.
“I legumi sono importanti coltivazioni per la sicurezza alimentare di una grande percentuale della popolazione mondiale, in particolare in America Latina, in Africa e in Asia e spesso sono coltivati dai piccoli agricoltori – ha dichiarato il Direttore Generale della Fao, José Graziano da Silva, all’apertura ufficiale dell’Anno dei Legumi, il 10 novembre –, tuttavia, il loro valore nutrizionale non viene generalmente riconosciuto ed è spesso sottovalutato”. Eppure, essi “possono contribuire in modo significativo ad affrontare la fame, la sicurezza alimentare, la malnutrizione, le sfide ambientali e la salute umana”, ha aggiunto il Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-Moon: perciò le Nazioni Unite intendono incoraggiarne la produzione e il consumo a livello internazionale, migliorando i sistemi di coltivazione e di distribuzione, per fare in modo che entro il 2020 il 20% delle proteine consumate nel mondo sia rappresentato da legumi.
Un alimento da riscoprire
Da millenni alla base dell’alimentazione umana, i legumi sono profondamente radicati nella cultura italiana, dove per secoli hanno sfamato le famiglie più umili sostituendo la più costosa carne. Nel nostro Paese non si contano i piatti che hanno per protagonisti fagioli, ceci, cicerchie: antiche ricette contadine che negli ultimi decenni sono state dimenticate a beneficio di pietanze più ‘veloci’, ma che andrebbero recuperate, sia per l’importante valore nutritivo dei legumi, sia per il gusto di ritrovare i sapori di una volta ed educare i bambini ad una dieta varia ed equilibrata.
Per incoraggiare i consumatori a riscoprire le tante varietà coltivate nel nostro Paese, Slow Food ha pubblicato la guida “In bocca al lupino” (scaricabile all’indirizzo www.slowfood.it/guide-al-consumo), riportando una serie di preparazioni prese dai ‘quaderni della nonna’. Come la cisrà, una sostanziosa minestra piemontese a base di ceci, trippa bovina, cavolo cappuccio e patate, ideale per le giornate più fredde, la zuppa di cicerchie – oggi coltivate solo in alcune zone del Centro e Sud Italia – con pane raffermo e pezzetti di prosciutto crudo, o il pancotto con i fagioli, una ricetta povera tipica dell’Italia meridionale.