Deliziosi gnocchi di ricotta ed erbette cotti in brodo e gratinati in forno, che alla consistenza morbidissima uniscono un sapore intenso e un profumo penetrante. I Rabatòn verdi sono tra le più famose specialità della cucina del Piemonte: originari di Litta Parodi – il borgo dell’alessandrino che ne rivendica la paternità – sono diffusissimi pure tra Mandrogne, Spinetta Marengo, Cascinagrossa e gli altri comuni della “Fraschetta”, piccolo territorio della Bassa Pianura Padana racchiuso tra Alessandria e Tortona.
Anche se appaiono come un piatto ricercato, i Rabatòn sono in realtà una pietanza umile, nata all’epoca della transumanza di primavera, quando i pastori piemontesi – che per tutto l’inverno erano rimasti a valle per far pascolare il bestiame – facevano ritorno in montagna e, prima di intraprendere il lungo viaggio verso casa, si fermavano nei borghi della Fraschetta per fare scorta di cibo: in cambio di pane e altri alimenti barattavano la ricotta, che avevano sempre con sé, e le erbe selvatiche raccolte nei campi, come l’ortica, dal ‘carattere’ pungente, e il tarassaco. Così le massaie del posto mescolavano questi ingredienti con qualche uovo, del pane raffermo bagnato e strizzato o del pangrattato, una spolverata abbondante di grana o di Montebore – un antico cacio di latte vaccino e ovino prodotto nell’alessandrino –, un ciuffo di prezzemolo tritato e, per rendere il composto ancora più buono, univano aromi come il timo, la maggiorana, il rosmarino o la salvia; con l’impasto ottenuto formavano poi delle polpettine dalla forma ovale, larghe un paio di centimetri e lunghe sei o sette, da cuocere nel brodo di carne e passare in forno con burro e altro formaggio grattugiato.
Oggi i Rabatòn non vengono preparati più con le erbe spontanee, ma con le bietole o gli spinaci, che si trovano facilmente in tutti i mercati e hanno un gusto più delicato. E i ristoranti di Alessandria e dintorni li servono come primo raffinato, insieme ad altri piatti tipici della zona, dalla celebre bagna càuda, la salsa a base di olio extravergine d’oliva, aglio e acciughe in cui si intingono ortaggi crudi, al risotto al Barolo, fino al sontuoso Pollo alla Marengo – che, secondo la tradizione, fu ideato dal cuoco personale di Napoleone François Dunand per festeggiare la vittoria nella Battaglia di Marengo – con gamberi di fiume e uova fritte.
Il nome
Rabatòn deriva da rabatar, termine del dialetto piemontese che vuol dire ‘rotolare’ e fa riferimento al gesto di far roteare tra le mani le palline di impasto, per dar loro la caratteristica forma allungata.
La sagra del Rabatòn
Dal 1981 Litta Parodi ospita ogni anno la sagra dedicata agli gnocchi verdi, che si svolge durante il primo finesettimana di settembre: un appuntamento che richiama numerosi buongustai dal Piemonte e dalle regioni vicine – nel 2015 sono state 25mila le porzioni servite –, che arrivano in questo piccolo borgo di poco più di 1195 anime per assaggiare le polpettine di ricotta vaccina, uova e bietole. A vigilare sulla ricetta c’è la Confraternita du Rabatòn, nata nel 1999 per difendere la paternità della golosa pietanza.
La ricetta dei Rabatòn
Per 6 persone
Ingredienti
600 gr di bietole o spinaci
300 gr di ricotta
4 uova
100 gr di parmigiano grattugiato
100 gr di burro
Un cucchiaio di pangrattato
Un ciuffo di prezzemolo
Timo o maggiorana freschi
Farina q.b.
Sale e pepe q.b.
Procedimento
Pulite la verdura e lessatela in acqua non salata, scolatela, strizzatela e tritatela finemente con un coltello. Trasferite le bietole in una ciotola grande, unite la ricotta, le uova, il prezzemolo tritato, il parmigiano, il pangrattato, un pizzico di timo o maggiorana tritati, sale e pepe e mescolate con un cucchiaio di legno fino a ottenere un composto uniforme. Con l’impasto preparato formate delle polpettine ovali, lunghe circa 6 o 7 centimetri e larghe 3.
Passate i rabatòn nella farina e cuoceteli in brodo vegetale o di carne per pochi minuti (scolateli quando salgono a galla), disponeteli poi in una teglia da forno imburrata, completate con qualche fiocchetto di burro, una spolverata di parmigiano e due cucchiai di latte, infornate a 180 gradi per una decina di minuti finché la superficie sarà dorata. Serviteli caldi.