Nin zi li pò scurdà’ chi l’à ’ssaggiàte, / chilu sapore forte e chilu ’ddòre; / quand’ a lu punte jušte è štaggiunàte, / doppe che mègne ni vulìss’ ancòre”. “Non lo dimentica, chi l’ha assaggiata / quel suo forte sapore e quel profumo / e, quando al punto giusto è stagionata, / dopo che ne mangi ne vorresti ancora”.

ventricina vasteseSono i versi con cui il poeta vastese Fernando D’Annunzio ha celebrato la Ventricina, un salame tipico dell’Abruzzo ricavato da tagli nobili del suino – spalla, lonza, lombo, coscia e pancetta, con almeno il 70 percento di parti magre –, che vengono insaccati all’interno dello stomaco di maiale – il ventre, da cui il nome.

Di forma grossa e tondeggiante e di colore arancione intenso, quasi rosso – per la generosa presenza del peperoncino –, questo salume ha un gusto piacevolmente piccante e un aroma deciso, dovuto alla lunga stagionatura e al sapiente utilizzo delle spezie. È un pilastro della tradizione norcina delle comunità montane del medio e alto vastese, nella provincia di Chieti, una terra dove nascono bontà come l’annoia, una salsiccia fresca aromatizzata con aglio, peperoncino e buccia d’arancia, il salame di fegato e la mortadella di Campotosto, Presidio Slow Food.

La ventricina non è un salame come tutti gli altri: non va, infatti, tagliata a fette, ma grazie alla sua grana grossa può essere “sgretolata” direttamente con le mani – in passato l’usanza era di mangiarla con il cucchiaio – e poi gustata semplicemente su una fetta di pane “spiga” di Vasto – chiamato così per l’incisione praticata in superficie – o di pane nobile di Guardiagrele (Chieti), ottenuto da una miscela di farine (frumento, integrale, mais, avena, orzo, miglio e segale) e impreziosito da semi di sesamo, olio extravergine di oliva e formaggio. È ottima pure per dare carattere al sugo di pomodoro, alle zuppe di legumi e agli ortaggi in padella – al posto della pancetta – o ancora, come suggerisce il sito L’Abruzzo è servito, per preparare una versione “alternativa” degli spaghetti alla carbonara.

 

Il legame col territorio

Sebbene l’usanza di allevare maiali in Abruzzo sia stata introdotta dai sanniti almeno 400 anni prima della nascita di Cristo, le notizie certe riguardanti la ventricina sono molto più recenti: nel 1811, infatti, nella Statistica murattiana viene menzionato un salume simile, ma bianco, ovvero “il ventricolo del porco ripieno di carne condita di sale, e di finocchi”. Il termine ventricina, invece, compare per la prima volta nel 1880, all’interno del Vocabolario dell’uso abruzzese di Gennaro Finamore, dove con “Vendrecine” è indicato un “salame di carne porcina insaccata nella trippa del maiale istesso”.

ventricina rovagnatiAncora oggi la produzione della ventricina avviene nelle piccole imprese artigianali abruzzesi, che impiegano esclusivamente carni provenienti da allevamenti locali, sminuzzate a grana grossa – rigorosamente al coltello e non con il tritacarne –, impastate e aromatizzate con pepe, fiore o semi di finocchio e peperoncino dolce o piccante. Dopo un riposo di 24-48 ore, l’impasto è insaccato nelle vesciche e o nei budelli (ottenuti dallo stomaco) di maiale; in seguito alla legatura con ago e spago o rete da cucina si procede poi alla stagionatura, che avviene e temperature che non superano i 13 gradi, per un periodo di almeno cento giorni, all’interno di cantine o grotte in pietra o tufo e soltanto da novembre a marzo, nei mesi più freddi dell’anno.

Il clima del luogo contribuisce in maniera decisiva a determinare il gusto del salume, prodotto ad altitudini non inferiori ai 200 metri – nelle zone interne si arriva anche a 1000 –, nei comuni della provincia di Chieti, dove si incontrano le temperature rigide della collina e i venti meridionali che arrivano dai promontori garganici, portando con sé i profumi e la brezza dell’Adriatico. Sul procedimento di produzione da diversi anni vigila l’Accademia della Ventricina, nata nel borgo di Scerni (Chieti), che nel 2007 ha richiesto all’Unione Europea il riconoscimento IGP per la prelibata specialità abruzzese.

Il pregiato insaccato è realizzato anche in casa Rovagnati ed è insaporito da spezie, aglio e tanto peperoncino.

 

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La ventricina teramana

Totalmente diversa è la ventricina di Teramo, che con la “cugina” vastese condivide soltanto il nome. È ottenuta, infatti, non dalle parti magre bensì da tagli suini meno pregiati, come frattaglie e ritagli di prosciutti, pancetta e testa del maiale, che vengono macinati finemente, impastati con abbondanti quantità di grasso – il 60/70 percento del peso totale – e insaporiti con molti aromi (pepe, peperoncino, finocchietto, aglio, rosmarino, pasta di peperoni).

Al prodotto finale viene infine data una forma simile a quella del culatello o di una salsiccia; in alcuni casi, invece, l’impasto non viene insaccato ma conservato in barattoli di vetro.

Dalla consistenza morbidissima, che si scioglie in bocca, la ventricina teramana è l’ideale da spalmare sul pane caldo.

 

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