Pizz'onta abruzzesePizzondella, pizzetta, pizz’onta: così viene chiamata in Abruzzo la pizza fritta. Il nome che rappresenta meglio questa golosa specialità, però, è l’ultimo, “pizza unta” – onta nel dialetto pescarese –, che lascia subito pregustare la sua irresistibile spugnosità, dovuta alla frittura in abbondante olio di oliva – come vuole la tradizione – o di semi. L’impasto si ottiene lavorando la farina con lievito, acqua, qualche cucchiaio di strutto – spesso sostituito dall’extravergine – e di latte, due ingredienti che lo rendono morbidissimo. Va gustata caldissima, dopo aver fatto asciugare l’olio in eccesso su un foglio di carta da cucina.

La pizz’onta può essere considerata il più umile tra gli street food, un antico cibo che le massaie abruzzesi preparavano quando non c’era molto in dispensa: friggendo l’impasto, invece di cuocerlo nel forno a legna, ottenevano, infatti, una focaccia buonissima, che non aveva bisogno di sugo di pomodoro, formaggio o altri ingredienti per essere consumata. Nelle abitazioni dei contadini veniva mangiata soltanto con una spolverata di sale oppure in versione dolce, cospargendo la superficie con un po’ di zucchero.

Oggi invece, nelle trattorie e nei ristoranti abruzzesi, viene servita come antipasto insieme al pecorino e ai prelibati salumi regionali, come il Prosciutto San Clemente, un crudo dal profumo intenso ma dal sapore delicato; la Ventricina, un grosso salame ricavato da tagli nobili di suino (spalla, pancetta, lombo, coscia) insaccati nello stomaco di maiale; l’annoia, una salsiccia fresca aromatizzata con peperoncino e buccia d’arancia; le salamelle al vino cotto; le salsicce di fegato e la pregiata Mortadella di Campotosto, Presidio Slow Food, aromatizzata con un infuso di chiodi di garofano e cannella.

Ci sono ancora stuzzicherie e chioschetti, però, che la vendono ricoperta soltanto di sale o zucchero, e così amano mangiarla anche molti abruzzesi a casa loro. Nelle numerose sagre che animano le estati dei caratteristici borghi del pescarese, del chietino e del teramano, invece, la pizz’onta viene spesso proposta in abbinamento con gli arrosticini, i famosi spiedini di carne di pecora e agnello nati come cibo dei pastori alla fine dell’800, nell’epoca della transumanza.

 

La ricetta

Ingredienti per circa 10 pizz’onte

750 gr di farina 00
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
2 cucchiai di latte
Un pizzico di sale
Un pizzico di zucchero
Un panetto di lievito di birra
300 gr d’acqua
Olio di semi per friggere
Zucchero o sale per la superficie

Procedimento

Sistemate la farina a fontana sulla spianatoia con il sale e lo zucchero, mettete al centro il latte, l’olio e il lievito che scioglierete aggiungendo gradualmente l’acqua. Lavorate tutti gli ingredienti fino a ottenere un panetto morbido ed elastico. Fate lievitare l’impasto per un paio d’ore o finché sarà raddoppiato di volume; trascorso il tempo necessario, riprendete il panetto e dividetelo in tante palline, che stenderete con il matterello formando delle pizzette. Punzecchiate con la forchetta ogni pizzetta per evitare che si gonfi durante la cottura; friggete le pizz’onte in abbondante olio di semi, fatele sgocciolare su carta assorbente e servitele calde.

 

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