Fagioli bianchi con pasta o riso, insalate esotiche con le alghe e pesce fresco del Mediterraneo a volontà, il tutto condito con poco sale, ma iodato. E ancora latte per la prima colazione e yogurt a merenda, magari accompagnato da una manciata di rossi e succosi mirtilli. Questi gli alimenti protagonisti della campagna “Lo iodio non va in vacanza”, promossa dalla Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) per prevenire o correggere la carenza del prezioso minerale in bambini e adolescenti.
Se tali raccomandazioni sono indicate, naturalmente, anche per gli adulti, in età infantile diventano particolarmente importanti per prevenire i futuri disturbi della tiroide, come il gozzo – l’aumento di volume e peso della ghiandola tiroidea –, una patologia che in Italia colpisce sei milioni di persone (tra questi, il 20% è costituito da ragazzini). Nei più piccoli, poi, una dieta a scarso contenuto di iodio compromette anche le funzioni cognitive e, di conseguenza, il rendimento scolastico.
L’iniziativa “nasce per rispondere alle esigenze emerse dai dati OSNAMI, Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodioprofilassi in Italia, dell’ISS, Istituto Superiore di Sanità, che indicano come il nostro Paese sia ancora a carenza iodica, anche in molte regioni costiere”, spiega Mohamad Maghnie, Presidente della SIEDP e Responsabile dell’Unità Operativa di Endocrinologia clinica e sperimentale dell’Istituto Gaslini di Genova. La quantità giornaliera raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità negli adulti è di 150 microgrammi al giorno, mentre nei bambini oscilla tra i 90 e i 120 mcg al giorno. Durante la gravidanza e l’allattamento il fabbisogno sale a 200 mcg, per evitare al nascituro il rischio di gravi danni da carenza di iodio, come l’ipotiroidismo congenito.