pesce spada alla messinese’U piscispata agghiotta (“Pesce spada alla ghiotta”), è una delle ricette tradizionali regionali più famose che si contendono due regioni – e due città in particolare –, la Calabria con il suo capoluogo Reggio e la Sicilia con Messina, divise dallo Stretto, che è anche quella zona di mare dove la raccolta dello spada è una pratica che si tramanda da padre in figlio da tempi lontanissimi. Va cucinato con la ventresca, la parte della pancia più grassa e tenera, utilizzata pure per le “braciole” (involtini), condite con lo stesso profumato intingolo.

È una specialità estiva saporita ma leggera, da gustare come secondo o piatto unico, accompagnato da un’insalata, da un buon pane casereccio con cui fare la “scarpetta” – ad esempio la muffoletta siciliana, soffice e spugnosa, o la grossa pagnotta gobba calabrese, che si mantiene morbida per due settimane – e da un bicchiere di Cirò bianco, vino crotonese secco e vivace, o di Salaparuta, un bianco delicato ed elegante prodotto nella provincia di Trapani.

 

La ghiotta sulla pasta e lo stoccafisso

Il sugo alla ghiotta, delizioso e veloce, si prepara facendo soffriggere una cipolla affettata finemente con olio extravergine d’oliva e un trito di sedano, prezzemolo e aglio, a cui si uniscono poi i pelati, le olive verdi denocciolate, i capperi e – dopo una decina di minuti – il pesce spada, che cuoce in appena un quarto d’ora – altrimenti c’è il rischio che la carne diventi dura. Spesso nel messinese la ricetta è arricchita da uva passa e pinoli, due ingredienti molto utilizzati nella gastronomia siciliana, che rendono questo condimento più dolce e delicato.

A cavallo dello Stretto l’agghiotta accompagna pure gli spaghetti e lo stoccafisso: quella con ’u piscistoccu, come viene chiamato lo stoccafisso a Messina, è una ricetta sostanziosa dove spesso compaiono le patate, adatta alla stagione invernale.

 

Il principe dello Stretto

Nello Stretto di Messina lo spada, considerato il “principe del mare”, viene pescato da tempi antichissimi a bordo delle spatare o passerelle, le caratteristiche imbarcazioni dotate di un alto pennone sul quale si pone, in piedi, l’avvistatore: è lui che ha il compito di avvisare il fiocinatore, che da un ponte metallico – detto appunto “passerella” – che fuoriesce dalla prua prende la mira per arpionare la preda. Le prime notizie di questa antica pratica risalgono addirittura al IV secolo a.C. e sono riportate da Archestrato di Gela, poeta siciliano che raccontava come dalla Costa Viola – il litorale calabrese sullo Stretto – partissero, già all’epoca, carichi di pesce spada destinati ad Atene.

In Calabria il “Pinocchio della Costa Viola” – chiamato così per l’evidente somiglianza tra la “spada” e il naso del burattino di Collodi – viene cucinato in tanti modi diversi: alla riggitana o alla reggina (in umido con olio, aglio e prezzemolo); arrostito con il salmoriglio, una salsa a base di olio d’oliva, acqua calda, origano e succo di limone; alla bagnarota, con pomodoro e peperoncino. In Sicilia, invece, è protagonista dell’impanata, una succulenta torta salata in cui viene mescolato con salsa di pomodoro e zucchine fritte e racchiuso in un guscio di friabile pastafrolla.

 

La ricetta

Ingredienti per 4 persone

4 fette di pesce spada
Una cipolla
Uno spicchio d’aglio
250 gr di pomodori pelati
150 gr di olive verdi denocciolate
Un cucchiaio di capperi
Un ciuffo di prezzemolo
Un gambo di sedano
Sale e pepe q.b.

Procedimento

In un tegame fate appassire la cipolla affettata finemente con l’olio e un trito di aglio, sedano e prezzemolo. Unite i pelati, i capperi, le olive e fate cuocere il sugo per una decina di minuti. Salate con moderazione, pepate e aggiungete le fette di pesce spada, unendo se necessario poca acqua calda. Fate cuocere il pesce per un quarto d’ora circa. Servite subito.

 

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