Una fetta a pasto o un piccolo panino. Gli italiani mangiano sempre meno pane. Secondo una recente ricerca della Coldiretti, “Il pane quotidiano nel tempo delle rinunce”, è uno degli effetti più importanti della crisi sui consumi.
Molti nutrizionisti, invece, sostengono che si tratta di un cambiamento delle abitudini alimentari dovuto a diversi fattori: la varietà del menù, la presenza e la disponibilità di diversi tipi di snack e prodotti da forno a base di farine, come grissini, cracker o schiacciatine. Fatto sta che rispetto agli 83 kg annui di qualche decennio fa, quando, nel 1980, ogni italiano consumava mediamente 230 grammi di pane al giorno, oggi se ne mangia quasi il 60% in meno.
Il consumo di pane è sceso sempre di più negli anni. Nel 1990 ogni italiano ne mangia 197 grammi al giorno, nel 2000 si arriva a 180 grammi, nel 2007 a 145, nel 2010 la quantità si attesta a 120 grammi e nel 2012 crolla a 106, fino a scendere sotto i 100 nel 2013.
Eppure il principe degli alimenti è un elemento fondamentale del menù quotidiano. Ancel Keys, l’inventore della Dieta Mediterranea, consigliava addirittura “un elevato consumo di pane”.
È vero che sempre più frequentemente durante la giornata il pane lo si mangia anche sotto altre forme: un tramezzino, un toast o un club sandwich, ma è anche vero che in passato molto più di oggi accompagnava se non tutti i pasti almeno secondi e contorni.
Anche il rito del fornaio sta scomparendo e sempre più persone si “accontentano” del pane che si trova nell’ipermercato, supermercato o mini market sotto casa aggiungendolo al carrello della spesa. Se appena trent’anni fa passare dal fornaio, infatti, era un’abitudine quotidiana, oggi solo il 37% degli italiani acquista pane quotidianamente, il 16% ogni due giorni, il 22% due volte a settimana e l’11% una volta. Abitudine che sarebbe bene recuperare.