shutterstock_92825878Il latte di soia non è “latte” a dirlo è la corte di giustizia europea che ha ribadito il divieto di commercializzare prodotti vegetali con denominazioni che richiamino il latte o i suoi derivati. Si tratta di un orientamento europeo che risale al 2007 e che salvaguardava però le denominazioni come latte di mandorla, latte di cocco o burro di cacao.

La decisione è mossa dall’impegno a tutelare il consumatore e proteggerlo dalla confusione che l’utilizzo della parola latte per bevande a base vegetale potrebbe generare.

Quello che oggi chiamiamo “latte di soia” è una bevanda dalle origini molto antiche, i primi a prepararla sono stati con ogni probabilità i cinesi. Per ottenerla si macinano i semi di soia in acqua e la bevanda che ne deriva ha proprietà nutrizionali e organolettiche completamente diverse dal latte di mucca o in generale da latte di origine animale.

shutterstock_440826772Una norma che si è vista necessaria in seguito all’importante aumento delle vendite in Italia, ma in realtà in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, ad esempio, si registra un aumento nell’acquisto di bevande di questo tipo del 76% in soli cinque anni. In Italia invece, secondo una ricerca Nielsen, sono 8,5 milioni le famiglie che hanno acquistato almeno una confezione di latte vegetale. Un mercato che in Italia ha raggiunto un valore al consumo 198 milioni di auro con un incremento, nell’ultimo anno, del 7,4”%.

Questo cambio di nomenclatura riguarda anche tutti i derivati, quindi yogurt, burro, formaggi e panna. Chi per ragioni di intolleranza, curiosità o gusto personale, vuole eliminare o ridurre l’utilizzo di latte di mucca dalla propria dieta quotidiana può sostituirlo con la bevanda alla soia che fino a poco tempo fa si chiamava latte e utilizzarlo anche per le preparazione più classiche come ad esempio la besciamella, o il purée.

 

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