Una ricetta che ci porta tra i paesaggi incontaminati delle Alpi Carniche, nel Friuli Venezia Giulia, in un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato e le giornate sono scandite dai ritmi della natura. Il frico è un piatto semplicissimo, una sorta di frittata di formaggio, che viene grattugiato e fritto (da qui il nome della pietanza) fino a formare una deliziosa crosticina dorata. Per secoli pranzo dei boscaioli, che lo portavano con sé e lo mangiavano con la polenta di mais, in passato era cucinato con le scorze del formaggio all’interno di padelle di ferro – nelle cucine dei contadini, infatti, nulla andava sprecato.
Inserito dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali friulani, il frico è preparato con i formaggi d’alpeggio che nascono nei territori montani compresi tra le province di Udine e Pordenone, come il Montasio DOP, prodotto sin dal 1200 nelle vallate delle Alpi Giulie e Carniche, con latte bovino, quello di Latteria, simile al Montasio, e di Malga, a base di latte vaccino, realizzato nelle caratteristiche costruzioni di montagna – le Malghe appunto – che nel periodo estivo sono impiegate per il ricovero del bestiame e la produzione di prodotti caseari. Questi formaggi racchiudono tutto il sapore dei pascoli d’alpeggio e delle erbe di montagna, con il loro profumo aromatico, che si intensifica con l’aumentare della stagionatura.
Il frico ha, quindi, un gusto particolarmente deciso – per prepararlo vengono utilizzati formaggi stagionati da sei a dodici mesi, facilmente grattugiabili – e oggi è servito come antipasto o secondo piatto. Alla versione base (denominata “croccante”) negli anni se ne sono però aggiunte molte altre, a cominciare da quella morbida, a base di patate e Montasio o Malga stagionati soltanto due o tre mesi, perciò più delicata al palato. A seconda delle zone troviamo poi il frico con lo speck, con le mele, la zucca, i pomodori o le erbe aromatiche – questa variante è tipica del comune di Flaibano, in provincia di Udine –, rosolato nel burro, nel lardo o nell’olio, arricchito con cipolla o porro tagliati finemente.
Una curiosità: l’antenato del frico si trova in un ricettario del XV secolo, il Libro de arte coquinaria del Maestro Martino de’ Rossi, che trascorse circa dieci anni a Roma – dal 1455 al 1465, anno della pubblicazione del volume – come cuoco personale del Card. Ludovico Scarampi Mezzarota, Patriarca di Aquileia. Nel libro l’autore riporta la preparazione del caso in patellecte, “cacio in pastelletta”, cotto in “un pocho de butiro, ovvero di strutto fresco”, ma con l’aggiunta di un po’ di “zuccharo et de la cannella”.