I ferraresi alla Salama non rinunciano neanche d’estate. Il più classico dei salumi invernali, anche perché molto calorico, consumato generalmente appena esce dall’acqua bollente, nei territori estensi nel periodo più caldo dell’anno si gusta, appena raffreddato, col melone o con i fichi, due accoppiamenti storici (e poveri) che oggi sono diventati gourmet.

La Salama da Sugo, nota sin dai tempi salama da sugo di ferraradi Lorenzo de’ Medici e Lucrezia Borgia, che non la facevano mai mancare nei ricchi banchetti offerti ai loro commensali, è uno dei simboli della norcineria ferrarese. Questo piccolo insaccato ottenuto macinando diverse parti del maiale, quali coppa del collo, guanciale, polpa magra derivante dalla rifilatura della coscia, destinata alla produzione del prosciutto e dalla spalla, con piccole percentuali di lingua e fegato, si consuma cotto e si caratterizza per la forma tondeggiante, che ricorda un melone a sei o otto spicchi, per il gusto importante, dovuto alla sapiente lavorazione della carne con vino rosso e spezie (pepe nero, cannella, chiodi di garofano, noce moscata) e per la consistenza morbida e granulosa.

 

Mangiarla è un rito

Prima di mangiala è necessario seguire un ‘rituale’ ben preciso, come riporta il sito della Pro Loco di Madonna Boschi, il borgo del ferrarese che ogni anno (tra la fine di settembre e la prima metà di ottobre) dedica una sagra alla golosa specialità: “Per vedere se la Salamina da Sugo non ha anomalie bisogna “piombarla” in un recipiente d’acqua, affinché ci si renda conto che, se il prodotto è sano, questo piomba giù, se il prodotto rimane a galla, ha dei problemi”; poi, dopo un lungo ammollo di 8-10 ore in acqua fredda e l’eliminazione delle impurità con uno spazzolino, si passa finalmente alla cottura – “avvolta in un canovaccio la si appende diritta legata a un bastoncino di traverso ad una pentola capiente piena d’acqua e la si lascia bollire delicatamente dalle 4 o 8 ore a seconda della tipicità della salamina”. A questo punto è pronta per essere gustata: si apre lo strofinaccio che la ricopre, si taglia la parte superiore e la si prende a cucchiaiate – non a caso è conosciuta anche come ‘salamina al cucchiaio’ –, servendola caldissima con purè di patate o di zucca, due contorni delicati che bilanciano al meglio il suo carattere deciso. Un altro modo di assaporarla, più adatto all’estate, è quello di lasciarla raffreddare, tagliarla a fette e accompagnarla con due frutti zuccherini come il melone cantalupo e i fichi freschi, per un connubio da veri intenditori.

 

Una ricetta nobile

I Duchi d’Este, che governarono Ferrara dal XII al XVII secolo, amavano intrattenere gli ospiti con sontuosi pranzi, in cui comparivano piatti poi divenuti celebri come il pasticcio di maccheroni, il pampepato e, appunto, la Salama da Sugo. La prima notizia certa riguardante la produzione del prelibato salame risale proprio al Rinascimento ed è riportata dallo scalco (maggiordomo) degli Estensi Cristofaro da Messisbugo nel trattato Banchetti, composizioni di vivande e apparecchio generale, del 1549.

Due secoli più tardi, lo storico ferrarese Antonio Frizzi pubblicò La Salameide (1722), un poemetto che rappresentava un vero e proprio tributo – ma in forma scherzosa – al prodotto e che ne riconosceva le origini ferraresi. Citata da Pellegrino Artusi ne La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene (1891), nel 1958 la salamina divenne protagonista di una puntata di Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, antesignano dei moderni programmi televisivi di cucina condotto dal giornalista Mario Soldati, che descrisse il salume come un’eccellenza di Ferrara e “un pasto più che sufficiente e soddisfacente”.

Nella ricetta descritta da Messisbugo l’investitura (interno) della Salama era composta da carne rossa, vino e abbondanti spezie, che costituivano oltre il 60 percento del suo peso. Oggi è prodotta ancora con metodi artigianali, ma con una minore quantità di aromi e con diversi tagli di carne, sia pregiati (capocollo e pancetta) sia ‘poveri’ (goletta, spalla, lingua e fegato), che vengono sminuzzati al coltello, aromatizzati, insaccati nella vescica di suino e sottoposti a una stagionatura che varia da sei ai dodici mesi. A ottobre dello scorso anno la Salamina ha finalmente ottenuto il marchio IGP, che riconosce il legame storico tra questo squisito salume e la sua terra di origine.

 

Curiosità

Giosuè Carducci e Giuseppe Ungaretti, Giorgio Bassani – che gli dedicò alcune righe della sua opera più famosa, Il Giardino dei Finzi Contini –, il musicista Pietro Mascagni e persino la ‘divina’ Greta Garbo, che la assaggiò durante uno dei suoi soggiorni in Italia. Sono soltanto alcuni dei palati illustri che, nel corso dei secoli, si sono lasciati conquistare dal profumo intenso e dal sapore pieno e aromatico della Salama da sugo.

 

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