Minestra di arzilla nella Capitale, spaghetti “a vongole” a Napoli, baccalà “in tutte le salse” da nord a sud del Belpaese: in diverse regioni il Cenone della Vigilia di Natale ha un solo protagonista, il pesce. Questa sera, in particolare, saranno tre su quattro gli italiani che porteranno in tavola specialità a base dei frutti del mare, come rende noto Federcoopesca, la federazione delle cooperative ittiche della Penisola. I prezzi, infatti, rispetto allo scorso anno si mantengono stabili – 3 euro al chilo per le cozze, 9 per le vongole, tra gli 8 e i 10 per spigole e orate d’allevamento, raggiungendo tuttavia i 45 euro per i gamberoni freschi –, consentendo alle famiglie di onorare la tradizione e preparare almeno una pietanza di mare.
Ma da dove arriva la consuetudine di mangiare pesce nel giorno che precede il Natale? Negli anni passati, il 24 dicembre, in segno di penitenza, ci si preparava alla nascita di Gesù con una cena “di magro”: l’alimento “di lusso” – la carne, ovvero capponi, agnelli, arrosti di manzo o maiale – era riservato al pranzo del 25. Sebbene la distinzione tra cibi poveri e ricchi oggi sia completamente ribaltata – la carne è entrata nella dieta quotidiana mentre i prodotti ittici hanno spesso costi proibitivi – la tradizione di consumare il pesce è ancora viva in diverse località del Belpaese. Ecco alcuni piatti di mare – dall’antipasto al secondo – che non possono mancare nel cenone della Vigilia italiano: