Speck“Poco sale, poco fumo e molta aria”. In Alto Adige lo Speck viene prodotto così, seguendo queste tre semplici ma fondamentali regole che, nei secoli, ne hanno determinato la fortuna ben oltre i confini regionali. Diffuso e apprezzato sulle tavole dell’intera Penisola, è considerato uno degli “ambasciatori” della gastronomia altoatesina nel mondo, insieme alla Mela dell’Alto Adige IGP e al Formaggio dello Stelvio DOP (vaccino e a pasta semidura): tra i salumi italiani più esportati all’estero, ogni giorno arriva sulle tavole di Germania, Austria e Stati Uniti e sta conquistando gradualmente nuovi mercati (dal Belgio alla Slovenia, dalla Repubblica Ceca fino alla Polonia, alla Francia e al Giappone).

Tanto che nei primi sei mesi del 2014 la produzione di speck ha registrato un incremento del 7% rispetto allo stesso periodo del 2013. Anche il numero delle “baffe” prodotte (così sono chiamate le forme di salume) con il marchio IGP è aumentato, raggiungendo quota 1,2 milioni (+10%, fonte Consorzio Speck Alto Adige). Merito del suo gusto intenso – moderatamente salato ma mai eccessivo – e del piacevole profumo di spezie e affumicatura, caratteristiche che lo rendono amabile sin dal primo assaggio e gradito a ogni palato.

Ricavato dalle cosce di suino accuratamente selezionate e disossate, lo Speck dell’Alto Adige che dal 1997 ha ricevuto dall’UE il marchio di Indicazione Geografica Protetta – proprio per il suo sapore deciso e “gentile” al contempo, è diventato un ingrediente privilegiato nella preparazione di numerosi piatti.

In cucina

Brettljause_merenda tiroleseProtagonista di primi, secondi e contorni, è anche uno dei companatici più apprezzati in toast, panini e tramezzini.

Nella sua terra di origine lo tagliano a mano e lo servono sulla polenta, oppure lo accompagnano all’Ur-paarl, il pane di segale della Val Venosta, dalla crosta scura e morbida e dalla mollica soffice, aromatizzato con semi di finocchietto, cumino selvatico e altre erbette di montagna. E poi lo offrono agli ospiti in segno di benvenuto nella tradizionale Brettljause, la tipica “merenda” tirolese composta da salsicce, pane nero, formaggio, cetrioli, vino e naturalmente speck, servito in un unico pezzo alto tre centimetri, da tagliare ulteriormente. Un’operazione che per gli altoatesini non è secondaria, anzi, contribuisce in maniera significativa a determinare il gusto finale del salume, che a fette sottili espande tutto il suo profumo, mentre a striscioline più o meno spesse è indicato per chi ama “sentirlo sotto i denti”. Ridotto a cubetti, invece, è utilizzato nei Canederli, le famose polpettine di pane raffermo, uova, latte, farina, cotte in brodo o servite con burro fuso e formaggio.

Nel resto del Belpaese lo speck è impiegato per realizzare sfiziosi involtini (da riempire con ricotta o formaggi spalmabili) e raffinati carpacci (con rucola e scaglie di parmigiano, in alternativa alla bresaola), o per farcire melanzane o zucchine grigliate. Ottimo sulle tartine, le bruschette o con i grissini, si sposa bene anche con il melone e i fichi. Ma i suoi impieghi non si limitano di certo agli antipasti: lo ritroviamo nei risotti (con le mele o i funghi, il radicchio, la robiola o la crescenza), sulla pasta (con gli gnocchi di patate conditi con burro e grana, sugli spaghetti al pomodoro fresco, sulle penne con noci e gorgonzola, sui rigatoni alla zucca) e nei secondi di carne (come ripieno dell’arrosto, del petto di pollo o tacchino). Perfetto nelle pizze e torte salate, come nelle ricette proposte sul sito del Consorzio Speck Alto Adige IGPquiche alle cipolle, crepe salate con radicchio e casatella trevigiana o un più semplice – o per farcire un genuino e saporito “toast del contadino”, con pane nero, burro e Formaggio Stelvio.

Le origini e la tradizione

In Alto Adige la tradizione di conservare la carne mediante affumicatura fu ereditata dai longobardi (conservata nelle grotte, per essere tutelata dai furti degli animali selvatici, veniva appesa e prendeva l’odore di fumo derivante dal fuoco sottostante) e si unì alla stagionatura, tipica dell’area mediterranea.

Sebbene il termine “speck” (che vuol dire “grasso”, “spesso”) abbia cominciato a diffondersi solo nel XVIII secolo, alcuni documenti altoatesini fanno risalire le sue origini al 1200: chiamato originariamente bachen, nacque dalla necessità di conservare durante l’anno la carne dei suini macellati nel periodo natalizio. Fu inizialmente un cibo povero, l’unica tipologia di carne che i contadini di montagna potevano permettersi. L’affumicatura non avveniva nelle cantine ma nella soffitte dei masi, le tipiche abitazioni di montagna con il fienile, la stalla e una piccola stanza dove fare il formaggio. Nel tempo il suo ruolo nella società cambio completamente e lo speck diventò una delle pietanze principali di feste e banchetti. Fino agli inizi del secolo scorso era in uso una tradizione particolare: quando gli abitanti dei monti scendevano a valle per la messa domenicale, portavano con sé un pezzo di speck al parroco, che al termine della messa lo distribuiva a tutti i parrocchiani gratuitamente.

Ancora oggi allo Speck dell’Alto Adige è dedicata una festa che si svolge ogni anno, nel primo fine settimana di ottobre, nel paesino di S. Maddalena, in Val di Funes, ai piedi della catena montuosa delle Odle, un evento che alla bontà della cucina tradizionale tirolese unisce lo spettacolare panorama delle Dolomiti.

Il processo di produzione

Negli anni Sessanta la produzione dello speck, localizzata tra la Val Venosta e la Val Pusteria, nella provincia di Bolzano, ha cominciato a intensificarsi, passando dal livello familiare a quello industriale, ma conservando sempre la caratteristica di artigianalità e l’osservanza di specifici criteri. Innanzitutto la rigida scelta della materia prima, cosce di suino, magre, sode e provenienti da allevamenti riconosciuti e controllati, che vengono disossate e trasformate in baffe, le tipiche forme quadrate del peso di almeno 3,7 chili.speck rovagnati

Le baffe vengono cosparse di sale (che non deve superare il 5% della salamoia) e di una speciale miscela di aromi (sale, pepe, ginepro, rosmarino e alloro) e poi messe a riposare per tre settimane in ambiente secco. Dopo questa fase, detta di salmistratura, si passa all’affumicatura, che avviene con legna poco resinosa per non conferire allo speck un sapore troppo deciso e a una temperatura che non supera i 20 gradi. Sono infine messe a stagionare per 22 settimane in locali in cui soffia l’aria fredda e secca delle valli altoatesine, che dona alla carne un gusto unico.

Tipico prodotto dell’Alto Adige è anche lo Speck di Rovagnati, ottenuto dalla coscia di suino, disossata, salata, aromatizzata, affumicata a freddo e sottoposta a breve stagionatura, che presenta il connubio tra l’affumicatura, tipica dei paesi nordici, e la stagionatura con sale e spezie delle terre padane.

 

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