salva cremascoUn tempo, quando non esistevano impianti di refrigerazione e altri strumenti per conservare a lungo il cibo, contadini e pastori mettevano a frutto l’intelletto per evitare di sprecare anche un solo pezzo di pane o una goccia di latte. Così, per ‘salvare’ l’abbondante quantità di latte munto durante la stagione primaverile, che con il caldo estivo rischiava di andare perduto, nella Bassa Pianura Padana secoli fa ebbe inizio la produzione del Salva Cremasco, prelibato formaggio a pasta cruda considerato tra i fiori all’occhiello della tradizione casearia lombarda. Oggi viene lavorato, oltre che nell’intera provincia di Cremona, nella bassa bergamasca, nella pianura bresciana, nel lodigiano, nel milanese e nel lecchese.

Tutelato dal Marchio DOP dal dicembre 2011, il Salva si caratterizza per l’insolita forma cubica, la consistenza morbida e friabile e l’inconfondibile aroma, che diventa più intenso con l’aumentare della stagionatura. Buonissimo in purezza, su una semplice fetta di pane o sulla polenta grigliata, è molto utilizzato in cucina e, grazie al suo gusto forte, permette di realizzare piatti davvero particolari.

In estate a Cremona viene consumato da sempre con le ‘tighe’ – una varietà di peperoncini verdi locali conservati sottaceto –, condite con sale, pepe e olio d’oliva; le forme più giovani, dall’aroma meno marcato, si abbinano bene con lattuga e pomodori, per dar vita a fresche insalate ideali in questo periodo.

Ma il pregiato cacio si presta pure alla preparazione di antipasti, primi, secondi e persino dolci, come suggerisce il sito del Consorzio di Produzione che riporta tante ricette sfiziose: tra queste i golosi bocconcini impanati e fritti, da preparare per un aperitivo in compagnia; il risotto con gli ortaggi di stagione (melanzane e peperoni) al profumo di timo; i fusilli con le noci; la frittata di uova, zucchine e funghi finferli o l’insalata con indivia riccia e pere, che con la loro dolcezza sposano alla perfezione il sapore importante del formaggio.

Fusilli al formaggio salva e noci - Primi piatti LombardiaE per chiudere il pranzo una crostata con mele golden, cotte in padella con un po’ di zucchero, e Salva Cremasco.

 

Lo ‘Strachì’ salvato per l’inverno

Quando arrivava il periodo caldo il formaggio molle non resisteva a lungo. I bergamini tornavano ai monti mentre quelli che si erano fermati in pianura avevano la necessità di utilizzare il latte in sovrabbondanza e impiegarlo nella produzione di un formaggio che potesse avere una durata medio-lunga”. Questa testimonianza orale risalente ai primi del Novecento fa riferimento al fenomeno della transumanza bovina lombarda, che iniziò attorno all’anno Mille, quando i pastori bergamaschi si spostavano nelle pianure del cremonese per far pascolare il bestiame. In estate, con le eccedenze di latte producevano lo stracchino, ma essendo troppo delicato questo formaggio non poteva essere conservato per molto tempo: così, dal formaggio molle “indurito in seguito a spalmatura d’olio” nasceva lo “strachì da sàlva”, secondo la definizione del linguista Andrea Bombelli nel Dizionario Etimologico del dialetto Cremasco e delle località cremasche (1940). Con questo espediente, i casari riuscivano in un colpo solo a non sprecare il latte, a preservare le forme di stracchino dal deperimento e ad assicurarsi scorte di formaggio sufficienti per il lungo periodo invernale. Le prime prove che attestano l’esistenza di tale procedimento risalgono ad alcuni affreschi del XVII secolo, in cui compaiono formelle di cacio dalla forma quadrangolare.

Oggi il processo di produzione si è leggermente modificato, anche perché non ci sono più le esigenze del passato, ma rimane comunque artigianale. Il Salva è ricavato da latte vaccino intero crudo, appartenente alle razze Frisona italiana e Bruna Alpina, che viene coagulato con caglio bovino liquido, messo a stufare in locali caldi – in questa fase si forma la caratteristica crosta di colore giallo paglierino sulla quale è impresso il marchio – e salato a secco o in salamoia. L’ultima fase, la più importante, è quella della stagionatura, che avviene a una temperatura compresa tra 2 e 8 gradi, con tasso di umidità dell’80-90%, per almeno 75 giorni, in ambienti freddi e carichi di muffe naturali: sono proprio queste ultime, causate dal clima piovoso che caratterizza la Pianura Padana, che danno al formaggio il peculiare gusto aromatico e lo rendono un prodotto unico per sapore e consistenza.

 

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