Non è estate senza una spaghettata. Con gli amici o al ristorante, nel villaggio vacanze o sulla nave da Crociera il ferragosto si conclude (ma si può anche aprire) con la tradizionale e benaugurante spaghettata. Quella classica è aglio, olio e peperoncino. Tutti ne abbiamo fatta, almeno una, attorno al fuoco sulla spiaggia o in montagna. Quelle adolescenziali e giovanili le ricordiamo e le raccontiamo sempre agli amici.
Spesso risolutiva di una cena improvvisata, frequentemente si prepara per chiudere in allegria una piacevole serata. Nel tempo è diventata un appuntamento fisso, di inizio o fine estate, da fare con gli amici o comunque con le persone più intime. Per molti è un banco di prova per stupire gli ospiti e oggi la scelta della pasta e degli ingredienti diventa sempre più accurata. E allora, spaghetti, vermicelli o linguine?
A Napoli, i napoletani si sono sempre divisi su quale pasta cucinare con aglio, olio e peperoncino. Quest’ultimo, in verità, è stato aggiunto in secondo momento, ma ha reso la ricetta internazionale. Lo spaghetto condito con aglio, olio e peperoncino, infatti, è assieme alla pasta al pomodoro sinonimo di cucina napoletana nel mondo.
Rivisitazione “povera” degli spaghetti alle vongole o ai frutti di mare, Jeanne Caròla Francesconi, la vestale della cucina napoletana, autrice del libro più famoso e venduto, non ha dubbi che bisogna usare le linguine. Non poteva essere diversamente. Le prime forme di pasta da cui poi sono nate tutte le altre, infatti, erano una sorta di tagliatelle, praticamente delle lagane più lunghe. Per i puristi, gli storici e i gastronomi invece è tassativo utilizzare i vermicelli, argomentando la tesi con l’assunto storico che un tempo questa ricetta era denominata “vermicelli alla Borbonica”. Gli spaghetti, con cui il piatto è preparato oggi nella maggior parte delle case e dei ristoranti, sono un’invenzione recente, a dispetto di chi sostiene li abbiano inventati addirittura i cinesi e siano arrivati in Italia portati da Marco Polo nel 1295. Il termine spaghetti, infatti, compare per la prima volta nel testo “Li maccheroni di Napoli” del poeta e commediografo napoletano Antonio Viviani pubblicato nel 1824.
Ma se c’è un alone di mistero sull’origine della ricetta e sul tipo di pasta da impiegare, tutti sono d’accordo che spaghetti, vermicelli o linguine devono essere “sciuliarielli” (resi scivolosi dall’olio). La storica ricetta che si tramanda da generazioni vuole che oltre all’olio abbondante sia d’obbligo aggiungere un po’ d’acqua di cottura della pasta.
Oggi non c’è dubbio che l’olio deve essere rigorosamente extravergine ma per secoli è stato olio d’oliva, perché l’extravergine risale al secondo dopoguerra. Una trovata di marketing dell’allora patron genovese dell’Olio Dante, Angelo Costa, per differenziare il suo olio dai concorrenti. E l’aglio? Un tempo come oggi deve essere quello della valle dell’Ufita, nell’avellinese. In ogni casa napoletana che si rispetti non manca mai una treccia d’aglio, la famosa “nzerta“.
Alla fine del XIX secolo gli spaghetti, aglio e olio e al pomodoro, erano così diffusi a Napoli che su richiesta di Ferdinando II di Borbone il ciambellano di corte Gennaro Spadaccini inventò la forchetta a tre rebbi per consentire di avvolgerli e poterli mangiare non più con le mani, come era d’uso ma con le posate.