Fettuccine tirate a mano, uova sbattute, prosciutto crudo, burro, cipolla e abbondante Parmigiano Reggiano grattugiato. Sono gli ingredienti della “Pasta alla papalina”, un’istituzione della cucina romana, diffusissima e apprezzata nell’intera Penisola. Accanto ad altri celebri e sostanziosi primi della tradizione laziale, come gli spaghetti alla carbonara, i tonnarelli cacio e pepe, i bucatini all’amatriciana e i rigatoni con la pajata (l’intestino del vitellino da latte), questa specialità è tra i principali “cavalli di battaglia” delle tipiche osterie di Trastevere, Testaccio, Sant’Angelo e degli altri Rioni della Capitale, che la servono insieme ad un buon bicchiere di vino dei Castelli.
Il piatto “nacque un giorno sotto la spinta del caso, della necessità”, come racconta il gastronomo Livio Jannattoni nel volume La cucina romana e del Lazio in 400 ricette tradizionali (Newton Compton). Fu un’invenzione di Ceseretto Simmi, titolare del “Ristorante del Colonnato” – ormai chiuso – di Via del Mascherino, a due passi da Piazza San Pietro, che “aveva spesso l’occasione di fornire pranzi direttamente in Vaticano”: l’oste lo preparò per la prima volta a metà degli anni Trenta del secolo scorso, quando l’allora Cardinale Eugenio Pacelli – futuro Papa Pio XII –, che ricopriva il ruolo di Segretario di Stato, gli chiese una “pasta un po’ speciale”, per stupire un gruppo di ospiti stranieri di riguardo.
Simmi pensò così a una versione delicata della carbonara, che realizzò sostituendo il guanciale con il più pregiato prosciutto crudo e il pecorino con il Parmigiano Reggiano, eliminando il pepe e aggiungendo invece il burro, per dare una maggiore cremosità alla pietanza. Al posto degli spaghetti o dei rigatoni utilizzò le morbide fettuccine all’uovo, caposaldo della gastronomia della vicina Ciociaria, che essendo morbide e porose si amalgamavano alla perfezione con gli altri ingredienti. Il risultato fu un primo saporito ma “gentile” e completamente diverso dalla ricetta di partenza, ancora oggi vanto del ristorante “La Cisterna” di Trastevere, gestito da Fausto Simmi, figlio di Ceseretto.
Negli anni la versione originale delle fettuccine alla papalina – che fu chiamata così nel 1939, quando Pacelli salì al Soglio Pontificio – ha subito non pochi cambiamenti: in molti, ad esempio, preferiscono cucinarle con il prosciutto cotto, dando vita a una variante particolarmente gradita ai bambini, e c’è chi unisce un cucchiaio di panna, per rendere più ricco e denso il condimento. Ma l’aggiunta principale è rappresentata dai piselli, che vengono messi a cuocere con un po’ acqua insieme al burro e alla cipolla: nella ricetta di Simmi non c’è traccia di essi e non si sa chi li abbia introdotti nella preparazione, sta di fatto che il loro impiego è da sempre motivo di discordia tra i romani, divisi tra coloro che li considerano un “oltraggio” alla tradizione e quanti, invece, ne apprezzano il sapore dolce e li ritengono ormai indispensabili per la buona riuscita di questo piatto.
La ricetta
La ricetta
Ingredienti per 6 persone
600 gr di fettuccine all’uovo
3 uova
150 gr di prosciutto crudo
100 gr di burro
Cipolla
100 gr di Parmigiano Reggiano
Procedimento
Battete le uova con il Parmigiano. In una casseruola fate soffriggere il prosciutto tagliato a listarelle con il burro e la cipolla affettata finemente. Cuocete le fettuccine in acqua salata, scolatele e mantecatele nella padella con il condimento di burro e prosciutto, aggiungete le uova e continuate a mescolare a fuoco dolce. Servite con una spolverata di formaggio grattugiato.