Filetti scelti di baccalà spinato, ‘fermati’ con una pastella ‘né lenta né fitta’, composta appena di acqua e farina. E senza sale”. Così Livio Jannattoni nel volume La cucina romana e del Lazio descrive una delle ricette più celebri della cucina capitolina.Un boccone ghiotto – li definisce il gastronomo – con tutti i riflessi morali, e le risonanze palatali, che l’attributo comporta”. Le trattorie li servono come antipasto, da soli o nel fritto misto alla romana composto da fiori di zucca, supplì, crema fritta – quest’ultima ormai poco diffusa – e carciofi alla giudìa, ma il vero ‘sfizio’ sta nel comprarli nelle friggitorie e assaporarli – caldissimi – come cibo di strada, sporcandosi le mani, mentre si passeggia sul Lungotevere, nei Fori Imperiali o tra le altre meraviglie della Città Eterna.

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Per assaggiare i filetti più buoni di Roma c’è uno storico locale meta dei buongustai di tutta Italia e non solo: il “Filettaro a Santa Barbara”, in Via dei Giubbonari, a due passi da Campo de’ Fiori. Un richiamo per passanti e turisti, con l’irresistibile profumo del baccalà fritto che arriva dalla cucina – dove nascono altre prelibatezze tutte romane come le puntarelle ‘ripassate’, il pane con burro e alici e i fagioli all’olio – e invade l’antistante Piazzetta di Santa Barbara.

La piccola e spartana trattoria da trent’anni è gestita da Marcello Cortesi, subentrato ai fratelli Bruno e Spartaco Gratta che la fondarono con le loro mogli negli anni Sessanta; tappa obbligata per chi è in viaggio nella Capitale, nel 2008 è stata inserita tra i primi 100 ristoranti della guida internazionale Gourmet Magazine, mentre secondo la scrittrice Ilaria Beltramme andarci rientra tra le 101 cose da fare a Roma, almeno una volta nella vita.

Non si sa bene perché i filetti di baccalà si preparino così: “In quel nome alcuni vogliono avvertire piccoli rintocchi di provenienza ebraica”, aggiunge ancora Jannattoni. Un’ipotesi che potrebbe trovare conferma nel fatto che il Filettaro di Santa Barbara sorga alle spalle del Ghetto ebraico. Eppure “proprio da parte ebraica, stranamente, non ci arrivano, invece, consensi e conferme in questo senso”. Insomma, dovremo continuare a gustare i prelibati filetti senza sapere a chi va il merito di averli portati in tavola per la prima volta.

Come si preparano

Per quanto semplice, cucinare questa specialità richiede alcuni accorgimenti per un risultato da leccarsi i baffi. Il primo passaggio – indispensabile per eliminare il sale in eccesso – è mettere a bagno il baccalà un giorno intero, poi pulirlo, spinarlo e tagliarlo a striscioline larghe due dita e lunghe 7-8 centimetri – da far riposare in acqua ancora mezza giornata. A questo punto i filetti sono pronti per essere intinti nella pastella di acqua e farina.

Infine la frittura con due padelle: il baccalà va ‘tuffato’ nell’olio bollente e, appena riaffiora in superficie, tirato su con la schiumarola, versato nell’altro tegame e rigirato spesso. La cottura non deve durare più di 10-15 minuti, il tempo necessario per un filetto che sia fuori dorato e croccante e dentro tenero ma non ‘sfatto’.

La ricetta del Baccalà alla Romana

Per 4 persone

Ingredienti

1 kg di baccalà ammollato
200 gr di farina
Acqua frizzante q.b.
Olio per friggere

Procedimento

Preparate il baccalà asciugandolo per eliminare l’eccesso d’acqua, togliete la pelle e le spine e tagliatelo a striscioline larghe circa 2 cm. Con una forchetta fare una pastella mescolando la farina e l’acqua frizzante e fatela riposare per un’ora circa. In una padella mettete a scaldare l’olio, prendete i filetti di baccalà e girateli nella pastella, poi tuffateli nell’olio bollente, facendoli friggere per pochi secondi. Versate poi i filetti in un’altra padella colma di olio bollente e cuoceteli per circa 10-15 minuti, finché saranno dorati e croccanti. Fateli sgocciolare su carta assorbente e serviteli caldissimi.

 

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