L’asiago è uno dei formaggi preferiti dagli italiani. Escludendo la mozzarella è il quarto più venduto in italia tra i Dop (dati Clal) dopo il Grana Padano, il Parmigiano reggiano e il Gorgonzola. Ancora oggi si produce nelle casare descritte da Mario Rigoni Stern che hanno “a sinistra il vano per la refrigerazione del latte e l’affioramento della panna, la conservazione del burro; a destra il vano per la lavorazione del latte. Difronte o di lato a questo fabbricato un altro con la stanza della salagione e la lavorazione del formaggio nei primi quindici giorni, a sinistra il vano per la conservazione e la stagionatura fino a settembre; sopra le stanze per la famiglia del malghese e gli aiutanti“.

Fresco o stagionato è ottimo mangiato al taglio così come in primi piatti, secondi e con verdure. Dà un tocco in più alla fonduta o agli gnocchi, e ottimo con “i risi e bisi”, con i canederli ma anche con il radicchio anche se, forse, non c’è modo migliore di gustarlo che su una fetta di pane cotto a legna o un crostone, come vuole la tradizione, accompagnato da un buon bicchiere di vino, magari in compagnia davanti al camino. Nel risotto alla trevigiana si usa quello stagionato a tocchetti o come condimento. È veramente gustoso nel risotto montanaro, uno dei piatti tipici della Padania, preparato con riso vialone nano e salsicce, mantecato nel burro e nell’Asiago. Impareggiabile mangiato con le pere, secondo un vecchio proverbio popolare, come secondo piatto o a fine pasto, secondo un’antica ricetta della tradizione italiana, così come si presta ad essere degustato con marmellate, composte, gelatine e miele. È veramente difficile elencare tutte le preparazioni in cui viene impiegato l’Asiago da Nord a Sud della Penisola

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La produzione di questo formaggio è un rito familiare che si tramanda inalterato dall’anno mille, nei comuni dell’altopiano di Asiago compreso tra le province di Vicenza e Trento e una parte di quelle di Padova e Treviso.  Inizialmente, come per la gran parte dei formaggi più antichi, si usava latte di pecora; dal 1500 poi, con il progressivo aumento degli allevamenti bovini sull’Altopiano, viene prodotto solo con latte vaccino. La tecnica casearia si è sviluppata nel corso dei primi anni del diciassettesimo secolo ma solo dal primo dopoguerra viene chiamato Asiago, dal nome dell’Altopiano omonimo in cui viene prodotto. L’Asiago più antico, quello che è più simile al formaggio tipico della tradizione dei casari altopianesi, dal sapore più intenso e avvolgente, è quello stagionato, detto “D’allevo. Poi c’è il fresco, detto anche pressato, prodotto dall’inizio del ‘900. È il più diffuso per il consumo quotidiano, praticamente presente nei banchi di salumeria di tutt’Italia, dall’ipermercato al negozio sotto casa ed anche tra i più utilizzati in cucina. E infine c’è l’Asiago prodotto della Montagna, il formaggio tradizionale dell’Altopiano di Asiago. Tutta la filiera produttiva delle tre tipologie del formaggio avviene nel rispetto di un rigoroso disciplinare di produzione che esalta il ripetersi di un’antica tradizione a tutela dell’ambiente, delle mucche al pascolo e del consumatore.

cartina asiagoIl formaggio, ancora oggi, viene prodotto nelle caratteristiche Malghe, l’insieme dei luoghi, compresi anche i pascoli, dove vivono le mucche da cui si ricava il latte, e gli alpeggi dove si lavora e si stagiona il formaggio. Le malghe in cui si produce l’Asiago sono oltre 100 e costituiscono il più ampio sistema sub alpino di produzione casearia. La mungitura del latte, come la trasformazione in formaggio e l’affinatura nelle caratteristiche tavole di abete rosso, oggi avviene rigorosamente nel territorio della DOP tra Veneto e Trentino ad un’altitudine compresa tra i 600 e i 2.300 metri.

Nel 2012 se ne sono prodotte 23.362 tonnellate. L’asiago è anche uno dei formaggi più imitati e più contraffatti. Per esser certi che si tratti di quello originale acquistare sempre quello con il marchio Dop impresso a caldo o, per quelli imbustati, il logo del Consorzio di Tutela.

 

 

 

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