Sulla tipica cucina laziale influisce fortemente la tradizione pastorizia. Da migliaia di anni, in questa regione viene praticato l’allevamento delle pecore, sicura fonte di carne e latte, ma anche di lana utile per la produzione e conseguente commercializzazione dei tessuti. Non a caso l’etimologia della parola pecora ha origine da pecunia, denaro che a sua volta deriva dal latino ‘pecus’ cioè bestiame che veniva spesso scambiato come fosse una moneta. Si intuisce facilmente perché le pecore fossero animali molto importanti per le società che basavano la propria economia principalmente sulla pastorizia.
In questa regione l’agnello viene chiamato abbacchio senza fare caso ad una distinzione che in realtà ci sarebbe. In entrambi i casi ci si riferisce ad un animale molto giovane cresciuto allo stato brado o semibrado, ma, per essere precisi, l’abbacchio è un cucciolo di pecora alimentato ancora solo a latte rigorosamente materno con un peso intorno ai 4-6 chili. L’agnello invece è l’animale nei primi mesi di vita, ma già svezzato il cui peso varia tra i 7 e 13 chili.
Si tratta di un tipo di carne che non ha goduto di grande successo fin da subito, inizialmente infatti era destinato principalmente alle tavole dei meno abbienti. Oggi invece, tradizionalmente, arricchisce le tavole degli italiani nei giorni di festa.
Per 4 persone
1 kg e 500 g di agnello a pezzi
3/4 acciughe sotto sale
½ bicchiere di vino bianco secco
2 cucchiai di aceto di vino bianco
2 spicchi d’aglio
olio q.b.
salvia q.b.
rosmarino q. b.
sale q. b.
farina q.b.
Preparazione
Fai marinare per circa mezz’ora la carne con gli odori, il sale e il pepe, dopo averla leggermente infarinata. Al termine, inforna a 190° per 50 minuti circa. A metà cottura, irrora la carne con il vino bianco. Prepara a parte la salsa pestando al mortaio le acciughe dissalate con olio, aceto, mezzo spicchio d’aglio e un rametto di rosmarino, fino ad ottenere una salsa liscia. Poco prima che la carne sia cotta, aggiungi la salsa d’acciughe e finisci la cottura in forno.