“Oggi tutto si spettacolarizza. L’unica educazione alimentare è quella al cibo come consumo, come semplice carburante da ingurgitare. È lo specchio della società individualista di oggi”. Lo ha affermato Padre Enzo Bianchi, il Priore della Comunità Monastica di Bose, a Forlimpopoli, in occasione dell’assegnazione del Premio Artusi 2014. Il prestigioso riconoscimento viene assegnato “a un personaggio internazionale che a qualsiasi titolo si è distinto per l’originale contributo dato alla riflessione sui rapporti fra l’uomo e il cibo”. Un’ampia riflessione sul rapporto tra uomo e cibo, raccolta nel libro “Il pane di ieri” (Einaudi, 2010).
Come sottolinea la motivazione del Premio, in Padre Bianchi “la cultura del cibo ha trovato un interprete nella duplice prospettiva del rispetto per il lavoro che l’uomo impiega a procurarlo e prepararlo, nonché della commensalità e della condivisione come dimensione specifica del gesto alimentare. Tali valori, propri anche del messaggio artusiano, sono importanti da sottolineare in un momento in cui il tema del cibo sembra talora imboccare la deriva dello star-system e dello spettacolo fine a se stesso”. Il Premio è stato consegnato a Enzo Bianchi sabato 11 ottobre nella Chiesa dei servi di Casa Artusi.
Duro il monito di Bianchi ritirando il Premio: “Basta con lo star-system dei fornelli, mettiamo l’uomo al centro della riflessione e della tavola. Tre sono i motivi che mi hanno spinto ad accogliere il premio – ha spiegato il Priore – prima di tutto, il contributo dato da alcuni miei libri sui temi del cibo in relazione all’uomo, alle risorse e, più in generale, alla cultura. In secondo luogo la connessione tra cibo e umanità presente in Artusi: la tavola deve essere il luogo della condivisione, della convivialità. Mangiare è un atto sociale. Infine, di carattere più personale, sono cresciuto con la cultura della tavola. Mia nonna era cuoca, i miei genitori mi hanno insegnato l’importanza della condivisione quando si mangia. Mi auguro che qualcosa possa cambiare. La cultura del cibo, in particolare, ha trovato in lui un interprete nella duplice prospettiva del rispetto per il lavoro che l’uomo impiega a procurarlo e prepararlo, nonché della commensalità e della condivisione come dimensione specifica del gesto alimentare”.