A Palermo non è San Giuseppe senza la Sfincia! Una frittella morbida dalla forma irregolare, farcita e ricoperta da una crema di ricotta e gocce di cioccolato che il giorno della Festa del Papà invade le vetrine di forni e pasticcerie così come tutte le tavole della città. Una tradizione, quella degli “sfingi” – come vengono chiamati in dialetto – che con il tempo si è diffusa in tutta la Sicilia fino a diventarne uno dei dolci caratteristici.
Ciò che rende irresistibili le sfince è la loro consistenza soffice e porosa, unita alla delicatezza della ricotta di pecora, particolarmente cremosa e immancabile nei dolci siciliani più famosi, dai cannoli alla cassata. L’impasto, ricavato da farina, acqua, uova, burro e un pizzico di sale, in passato veniva fritto nello strutto, l’unico condimento presente nelle case modeste, ma oggi si preferisce utilizzare l’olio di semi, per un risultato più leggero. La superficie viene guarnita con altri ingredienti locali, come la zuccata o cucuzzata – zucca candita ottenuta da una singolare varietà a forma di tromba, la “virmiciddara” – e la granella ricavata dai pregiati pistacchi di Bronte e Adrano (Catania), i due comuni alle pendici dell’Etna rinomati per la coltivazione dell’“oro verde”.
L’origine araba
L’origine araba
Antichissima la storia di questi dolci, considerati diretti discendenti – anche nel nome – delle arabe isfang (“spugne”), piccole paste fritte giunte sulle coste della Sicilia con le invasioni del IX secolo dopo Cristo. Furono le suore del Monastero palermitano delle Stimmate a dedicarli al protettore dei falegnami e dei carpentieri, considerato il ‘santo degli umili’ per il suo mestiere, lasciando la ricetta altrettanto semplice e ricoprendo le frittelle soltanto con un po’ di miele; in seguito i pasticceri della zona li trasformarono nella prelibatezza che conosciamo, aggiungendo la ricotta, il cioccolato, i canditi e la granella di pistacchio.
Quella di San Giuseppe non è l’unica ‘spugna’ esistente in Sicilia. Alba Allotta, nel volume La cucina siciliana in 1000 ricette tradizionali (Newton & Compton), ne riporta diverse varianti: la sfincia di Nicosia (Enna), ricavata da un impasto simile alla palermitana ma servita con zucchero e cannella, in occasione del Carnevale; quella guarnita con crema pasticcera al posto della ricotta; le sfince di “cucuzza”, tipiche delle Eolie, a base di purea di zucca gialla, farina, latte e uva sultanina, fritte in olio extravergine d’oliva; le natalizie, morbide frittelline impastate con farina, patate, lievito, marsala e semi di anice.
La ricetta
La ricetta
Ingredienti per circa 45 sfince
Per l’impasto
500 gr di farina
10 uova
100 gr di burro
500 gr d’acqua
Scorza di limone
Un pizzico di sale
Per la crema di ricotta
2 kg di ricotta di pecora
1,2 kg di zucchero
100 gr di gocce di cioccolato fondente
Zuccata o ciliegie candite
Scorze d’arancia candita
Granella di pistacchio
Procedimento
Portate ad ebollizione l’acqua con il burro, un pizzico di sale e una fettina di scorza di limone. Spegnete la fiamma e versate in un sol colpo la farina, mescolate velocemente per fare amalgamare e rimettete sul fuoco fino a quando la farina non si staccherà dalle pareti del recipiente. Togliete il tegame dal fuoco e incorporate un uovo alla volta. Continuate a mescolare finché avrete ottenuto una pasta morbida.
In una pentola, fate intiepidire un po’ d’olio e gettatevi un cucchiaio del composto. Scolate i dolci su carta assorbente per eliminare l’unto e lasciateli raffreddare.
Con una siringa per dolci, praticate un foro nelle frittelle e farcitele con la crema di ricotta (precedentemente preparata con lo zucchero, il cioccolato e la zuccata); con la restante crema guarnite la superficie e completate con una scorzetta d’arancia candita, con una ciliegia o la zuccata e con la granella di pistacchio.