PorchettaLa porca, la porca! Ciavemo la porchetta signori! La bella porca de l’Ariccia co un bosco de rosmarino in de la panza! Co le patatine de staggione!… Carne fina e delicata, pe li signori proprio! Assaggiatela e proverete, v’oo dico io, sore spose: carne fina e saporita!…”.

È con questo colorito invito – riportato da Carlo Emilio Gadda in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (1957) – che fino a non molti anni fa gli ambulanti della Capitale richiamavano i passanti, invogliandoli ad acquistare la prelibata porchetta proveniente dalla vicina Ariccia.

Nell’immaginario collettivo non esiste un cibo più “popolare” del panino con la porchetta, presente da sempre nel menu delle trattorie e immancabile nelle sagre e feste di paese; e invece questa “carne fina e delicata” nacque come pietanza per “signori”, come sottolineavano i venditori. Fu per deliziare il palato delle famiglie della nobiltà romana in vacanza nella mite Ariccia – dove trascorrevano il periodo estivo e organizzavano battute di caccia – che questa bontà, infatti, ebbe origine, e con essa la figura esistente tuttora del “porchettaro”, l’artigiano della porchetta che trasmetteva a figli e nipoti tecniche e segreti del mestiere.

Come gustarla

Un maialino di un anno di sesso femminile – da cui il nome “porchetta” –, dalla carne più magra e saporita, del peso di circa 50 chili, che viene svuotato delle parti di scarto, disossato e riempito con sale, pepe, aglio, erbe aromatiche, in alcuni casi anche con fegato e milza tagliati a tocchetti e poi arrostito in forno.

Torta con PorchettaEcco cos’è la succulenta specialità che consumiamo nel panino, tagliata rigorosamente al coltello, da sola o con la provola, le melanzane grigliate o fritte, le patatine – un abbinamento che piace soprattutto ai più giovani –, o ancora con i funghi e – trionfo della golosità – con i peperoni. Ma la porchetta è ottima pure servita semplicemente con un’insalata, oppure ripassata in padella con olio, uno spicchio d’aglio e qualche pomodorino, ideale come secondo leggero.

Il sito Porchettatoscana.eu offre spunti per gustarla in tanti modi diversi: da provare, ad esempio, la torta salata ripiena di porchetta a dadini, patate e zucchine. Perfette come antipasto, invece, le schiacciatine con porchetta e provolone, insaporite con olio profumato al rosmarino e finocchietto.

Almeno una volta nella vita va assaporata nelle fraschette, le osterie tipiche dei Castelli Romani, innaffiata da un bicchiere di vino rosso locale, oppure acquistata nei chioschetti ambulanti della zona e mangiata in strada, come street food, tra due fette di pane di Genzano, dalla mollica leggera, soffice e spugnosa, o di Lariano, fatto con farina di grano tenero e integrale.

La porchetta dei Castelli

Il sapore sapido ma non eccessivo, il colore fra il bianco e il rosato, il contrasto tra la morbidezza della carne e la crosta croccante, che si mantiene così a distanza di giorni dalla cottura. Queste le caratteristiche della pregiata Porchetta di Ariccia, a cui l’Unione Europea nel 2010 ha attribuito il marchio IGP.

Il procedimento di produzione qui è un’arte che si tramanda da una generazione all’altra: le carcasse delle femmine del maiale, salate e massaggiate, vengono speziate con una miscela di pepe nero, rosmarino e aglio e l’intero procedimento è effettuato esclusivamente a mano, così come la legatura con ago e spago naturale. La cottura avviene in forno metallico a una temperatura compresa tra 160 e 280 gradi e dura da tre a sei ore. La carne viene infine posta in sala di raffreddamento a una temperatura che oscilla fra 10 e 30 gradi, per 5-15 ore, così avviene l’eliminazione dei liquidi residui e del grasso superfluo e la porchetta è in grado di conservare le proprie caratteristiche per molti giorni.

In quest’ultima fase il clima dolce dei Castelli ha un ruolo fondamentale nella riuscita del prodotto finale: l’aria mite garantita dalla fitta macchia boschiva – con castagni, lecci, pioppi, faggi – e i venti marittimi che arrivano dalle coste laziali favoriscono la lenta e graduale eliminazione dell’umidità, rendendo la carne tenerissima.

Dal 1950 la specialità viene celebrata con una longeva sagra che si svolge ogni anno ai primi di settembre, nel centro storico del paese: i porchettari, vestiti con i costumi tradizionali ariccini, vendono la prelibata specialità su bancarelle e chioschi addobbati a festa, tra esibizioni di artisti di strada e spettacoli musicali.

porchetta rovagnatiLa Porchetta di Ariccia è proposta anche da Rovagnati, priva di glutine e perciò indicata anche per l’alimentazione dei celiaci.

Non solo ad Ariccia

Ma la porchetta non è solo di Ariccia! La ritroviamo nel nord della Penisola, nel trevigiano; a Rieti e Viterbo, dove la lavorazione del suino fu avviata addirittura in epoca etrusca; a Campli, piccolo borgo della provincia di Teramo (Abruzzo), ai piedi dei cosiddetti Monti Gemelli; in Toscana – rinomata quella del Chianti –, nelle Marche e in Romagna; a Perugia e dintorni – qui in passato c’era l’usanza, nelle domeniche di maggio, di venderla fuori alla chiesa del paese, al termine della messa, così le persone la compravano e festeggiavano tutti insieme il mese dedicato alla Madonna; infine in Calabria e Basilicata.

E non è uguale dappertutto: quella teramana, così come la più famosa dei Castelli, è imbottita con “un bosco de rosmarino” e aglio, mentre nell’Italia Centrale (Alto Lazio, Umbria, Marche) viene aromatizzata con il finocchietto selvatico, che le conferisce un gusto più importante.

Una specialità da record

Il record della porchetta più grande del mondo va ad Aldo e Walter Iacomoni, Giuliano Di Goro e Gino Mencuccini, quattro maestri norcini di Monte San Savino, nel cuore della Val di Chiana aretina. Lunga 44,93 metri, la porchetta è stata realizzata il 13 giugno 2010 ed è entrata nel Guinness World Records, battendo il precedente primato di 21,65 metri, stabilito due anni prima da Nicola Genobile di Torrevecchia Teatina (Chieti).

 

Iscriviti alla newsletter
per rimanere sempre aggiornato
sul mondo di Rovagnati