Farina, uova, latte, zucchero, burro, un bicchierino di rhum e buccia di limone grattugiata per profumare: sono i semplici ingredienti della Pinza, un antico dolce pasquale che arriva dalle cucine del Friuli Venezia Giulia e simboleggia la spugna con il quale il centurione diede da bere l’aceto a Gesù crocifisso. Diffusa a Trieste e Gorizia, ha la forma di grossa pagnotta, un invitante colore dorato e una consistenza particolarmente soffice; è un “boccone” – questo il significato del termine “Pinza”, dal longobardo bizzo, “morso” – che rimane soffice e buonissimo per giorni.
La domenica di Pasqua, nelle due città e nei borghi vicini viene consumata non come dessert ma come antipasto: le famiglie del posto la portano in chiesa al mattino, per farla benedire insieme alle uova sode, e poi la mangiano a pranzo, con il cren – il rafano, una radice dal gusto fortemente aromatico tipica della gastronomia friulana e veneta – e i prelibati salumi regionali, come il prosciutto di Praga, il celebre cotto affumicato ormai introvabile nella Repubblica Ceca e prodotto esclusivamente a Trieste, e il crudo di Cormons, che nasce nell’omonima cittadina in provincia di Gorizia. Molti la portano con sé anche nel classico picnic di Pasquetta, per accompagnare affettati e formaggi.
Nelle pasticcerie locali viene ormai venduta tutto l’anno, ma le massaie triestine e goriziane, seguendo la tradizione, la preparano soltanto il Sabato Santo, svegliandosi alle prime luci dell’alba per dare inizio alla lunghissima lavorazione, il vero segreto per la riuscita di questa specialità. In passato, nelle case contadine, dove questo dolce ha avuto origine, le donne si riunivano con parenti e vicine per cominciare a impastare i vari ingredienti: dopo aver lavorato il lievito madre con una parte della farina e il latte, riprendevano la pasta più volte aggiungendo man mano le uova, il burro, lo zucchero e il liquore.
Al termine delle tre lievitazioni, il risultato era un pane alto e spugnoso, sul quale veniva praticato un taglio a forma di croce, in ricordo della Passione di Cristo. Il dolce, spennellato in superficie con un tuorlo d’uovo sbattuto, veniva infine portato dal panettiere del paese per essere cotto; per evitare che la propria Pinza si confondesse con le altre, ogni casalinga le metteva accanto un bigliettino con il nome della famiglia o un altro segno di riconoscimento.
Dall’impasto della Pinza si ricavano anche le “Titole”, piccole brioche intrecciate che racchiudono un uovo sodo dipinto di rosso e rappresentano i chiodi che legarono Cristo alla croce.
La ricetta
La ricetta
Ingredienti
1 kg di farina
300 gr di zucchero
160 gr di burro morbido
8 uova
Un bicchiere di latte tiepido
Un bicchierino di grappa o rhum
60 gr di lievito di birra
La scorza grattugiata di un limone
Un pizzico di sale
Burro per ungere la teglia
Un tuorlo sbattuto per spennellare la superficie
Procedimento
Sciogliete il lievito in pochissima acqua. Disponete un terzo della farina a fontana sulla spianatoia, unite il lievito e gradualmente il latte; lavorate fino a ottenere un impasto liscio che lascerete crescere per almeno un’ora in un luogo caldo.
Trascorso il tempo necessario, riprendete l’impasto, unite un altro terzo della farina, tre uova, 100 grammi di zucchero, 80 grammi di burro (lasciato ammorbidire fuori dal frigorifero) e un pizzico di sale. Lasciate riposare il panetto così ottenuto per due ore, dopodiché riprendetelo e aggiungete la farina, lo zucchero e il burro rimasti, la scorza di limone e il liquore. L’impasto dovrà lievitare ancora per tre ore.
Prima di infornarla, spennellate la pinza con un tuorlo d’uovo e con un coltello affilato o con le forbici incidete la superficie formando una croce. Cuocete il dolce a 200 gradi per circa 45 minuti e servitelo tiepido o freddo.