Dici Mortadella e pensi a Bologna. E così è in tutto il mondo, dove il nome della città è utilizzato come sinonimo del prelibato salume. Per molti, tanti, italiani è legata ai ricordi d’infanzia, quando un panino con la mortadella era il massimo per la merenda. Rigorosamente affettata da una Van Berkel, tra gli anni ’70 e ’80 costava al più 100 lire: alla portata di tutti. Oggi per averlo ci vogliono almeno 2,50 euro.
È stata il primo salume nella storia a potersi fregiare di un “disciplinare di produzione”: era il 1661 quando Girolamo Farnese, cardinale legato di Bologna e noto buongustaio, ordinò ai membri della Compagnia dei Salaroli di “fabbricar Mortadelle d’isquisita perfettione” impiegando esclusivamente carne di maiale. Poco meno di due secoli dopo era già famosa oltreoceano, tanto che Edgar Allan Poe la citò ne Le avventure di Arthur Gordon Pym (1837), in cui il protagonista, nel suo viaggio clandestino verso i Mari del Sud, nascosto nella stiva di una nave, per sopravvivere si cibava di “tantissima Mortadella di Bologna”.
Eh sì, perché dall’epoca dell’antica Felsina di fondazione etrusca – dove alcuni ritengono sia nata – la mortadella ne ha fatta di strada: oggi è il terzo salume più consumato in Italia dopo il prosciutto cotto e quello crudo. Tra le specialità più esportate all’estero, dagli inizi del 2014 sta conquistando anche il mercato cinese. E negli USA, ormai lontani i tempi descritti da Mario Monicelli nella pellicola La mortadella (1971), quando Maddalena/Sofia Loren la introduceva clandestinamente sul suolo americano per aggirare il divieto di importazione (poi eliminato nel 2000), le tonnellate sbarcate nel 2012 sono state ben 409 (dati Assica). Insomma, nessuno può sfuggire alla sua bontà. Lo diceva già Francesco Nuti nei panni di Caruso Paskoski, nell’omonimo film dell’88: “La mortadella è buonissima, non c’è niente da fare, è proprio buona”!
Milleuno impieghi in cucina
Con il suo gusto aromatico ma delicato, mai eccessivamente sapido, in cucina la mortadella è protagonista di tantissimi piatti. Basti pensare che sul web circolano oltre duecento versioni del “semplice” panino!
Perfetta come ripieno di torte salate e rustici, è spesso utilizzata per condire la pasta – abbinata a funghi, piselli, zucca – o per farcire gli ortaggi grigliati, come melanzane o zucchine. Un’idea sfiziosa per un aperitivo è ridurla a cubetti e infilzarla su spiedini di legno, alternandola a pezzetti di Parmigiano Reggiano o Asiago, o ancora tagliarla a fette sottili, spalmarla con formaggio cremoso, come robiola o stracchino, e richiuderla a involtino. Tritata finemente e unita a ricotta fresca diventa invece una raffinata spuma da servire sui crostini o sul pane caldo. Unita a lattuga, radicchio, olive e altre verdure trasforma un’insalata mista in un sostanzioso piatto unico. Le fette, più spesse, possono essere cotte sulla piastra, impanate come una cotoletta e fritte, o passate nel sugo di pomodoro, “alla pizzaiola”.
A Bologna la ritroviamo come ripieno dei mitici tortellini, insieme a lombo e prosciutto, e nel classico antipasto di salumi emiliani accompagnata dall’immancabile gnocco fritto, prosciutto crudo, coppa, salame felino. L’altra grande capitale della mortadella, o mortazza, è Roma, dove viene usata come farcitura della pizza bianca, uno dei più diffusi e famosi street food italiani.
Il processo di produzione
Tutelata dal 1998 dall’Indicazione Geografica Protetta, la Mortadella di Bologna è prodotta nell’intero territorio dell’Emilia Romagna e in diverse regioni dell’Italia settentrionale e centrale (Piemonte, Lombardia, Veneto, Provincia di Trento, Toscana, Marche e Lazio). È realizzata con carni di puro suino, ricavate dalla muscolatura striata appartenente alla carcassa – ridotta a grana fine con il tritacarne – e lardelli di grasso suino di gola tagliato a cubetti, aromatizzate con sale, pepe intero o in pezzi e – in molti casi – pistacchi, insaccate in involucri naturali o sintetici e sottoposte alla cottura che avviene all’interno di forni ad aria secca e può durare poche ore ma anche un’intera giornata, in base alle dimensione. Talvolta all’impasto vengono aggiunti zucchero o spezie.
Anche la Mortadella Massima di Rovagnati può fregiarsi del marchio IGP; gustosa ma povera di colesterolo (un etto ne contiene soltanto 70 milligrammi) è priva di glutine e perciò inserita nel Prontuario Celichia dell’AIC.
Un salume dalle origini lontane
Una stele del I sec. d.C. conservata al Museo Archeologico di Bologna, raffigurante sette maialetti condotti al pascolo e un mortaio con pestello: questa è considerata la prima testimonianza della produzione di mortadella. I romani, infatti, utilizzavano il mortaio per impastare la carne con sale e spezie e conservarla; ciò spiegherebbe inoltre il nome dato al salume, derivante dai termini latini mortarium, “mortaio”, o murtatum, ovvero “tritato nel mortaio”.
In alcune ricettari “casalinghi” del 1300, ritrovati nelle abitazioni dell’epoca, iniziarono a comparire le prime indicazioni per prepararla, non solo con la carne di maiale, ma anche con quella di vitello o asino; siccome il pepe nel Medioevo era considerato un bene di lusso, veniva aromatizzata col mirto – un dettaglio che offre un’ulteriore spiegazione sull’origine del nome, che potrebbe derivare quindi dal termine volgare bolognese murtella, “mirto” appunto.
Soltanto la Corporazione dei Salaroli, una delle più antiche della città, tuttavia, custodiva la vera ricetta del prelibato insaccato, che iniziò a diffondersi nel 1557, grazie a Cristoforo di Messisbugo, cuoco alla corte degli Estensi e dei Gonzaga, che ne riportò ingredienti (esclusivamente carne di maiale) e procedimento nel suo Libro novo nel qual si insegna a far d’ogni sorte di vivanda.
L’antica ricetta prevedeva il solo impiego di spalla di maiale macinata con cura e unita a cubetti di guanciale, che veniva condita con sale e pepe, insaccata in vesciche di bue e infornata in stufe di pietra a cento gradi per dieci o dodici ore. Ancora oggi tre salumifici del bolognese e dell’alto ferrarese (il “Bonfatti” di Cento, “Silvio Scapin” e “Pasquini&Brusiani” di Bologna) producono la “Mortadella Classica dell’Emilia Romagna”, Presidio Slow Food, seguendo il procedimento originale. Il salume del Presidio ha una colorazione che tende leggermente tendente al marrone chiaro, viene aromatizzato con sale, pepe nero in grani, pepe bianco macinato, macis (fiore della noce moscata), coriandolo, aglio pestato e cotto in stufe di pietra a circa 70 gradi.