È bene avere un comportamento lineare e sottotraccia, se no, si sa, la gente mormora. La mormora cerca di averlo e ci riesce talmente bene, a non far parlare di sé, che molti abbagliati dal clamore che circonda branzini, orate e dentici quasi ne ignorano l’esistenza, pur avendo lei carni di ottima qualità. La mormora è un pesce di mare: all’anagrafe fa Lithognathus mormyrus e nel nome rimanda alla pietra, perché le sue striature somigliano a quelle di certi marmi e rendono la mormora marmorea anche se non vive nel Mar Morto.
In compenso, oltre che nel Mediterraneo e nell’Atlantico, si trova a suo agio nel Mar Nero, e questo giova alla memoria di chi la mangia perché ha molto Bosforo. È un pesce ermafrodito, però contrariamente alla boga, nasce maschio e si trasforma in femmina. È colto e conosce le lingue, pare che quando fa l’amore mormori in inglese more more. In spagnolo peraltro la chiamano Herrera, l’allenatore di calcio teorico del Movimiento. Non è un pesce di fiume, quindi contrariamente a ciò che qualcuno pensa, nella Canzone del Piave, dove si dice “il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio” non c’è riferimento alcuno alla presenza di mormore nelle sue acque. Anche perché a maggio la mormora non si sa bene cosa faccia né dove sia, visto che il periodo tradizionale per la pesca va da giugno a settembre. In cucina la mormora si tratta come si trattano i branzini, le orate e le spigole. Potete farle al forno con le patate o con le olive, al cartoccio, alla griglia. L’importante è che non le facciate cuocere troppo, perché se no inizia a girare la voce che non sapete cucinare. In questi casi, si sa, la gente mormora.