Uova, semolino e brodo. Dall’unione di questi tre ingredienti nasce la stracciatella alla romana, un’istituzione della cucina laziale, economica, saporita e corroborante, ideale nelle serate fredde.

stracciatella alla romanaSemplicissima la preparazione: le uova vanno sbattute con una forchetta, insieme a qualche cucchiaio di semolino – che dona corposità –, a una spolverata di parmigiano o grana e a un po’ di prezzemolo tritato. Il tutto deve essere poi versato velocemente nella pentola contenente il brodo di carne portato a ebollizione e mescolato con un frustino, con movimenti rapidi ed energici, per permettere all’uovo di rapprendersi formando piccoli “straccetti” – da cui il nome della minestra. Qualcuno la insaporisce con buccia di limone grattugiata, che stempera l’odore dell’uovo e rende la pietanza più profumata, oppure con un pizzico di noce moscata.

Ancora oggi nella Capitale è consuetudine consumarla il 26 dicembre per dare una seconda vita al brodo del pranzo di Natale. Ma in passato la stracciatella non veniva preparata soltanto a Santo Stefano: durante l’inverno compariva sulle tavole almeno una volta a settimana, così con una spesa minima ci si assicurava un pasto caldo e nutriente, che aveva anche la funzione di rigenerare l’organismo dopo l’influenza e i malanni di stagione. Un connubio, quello tra “uova fresche e succosi brodi”, celebrato persino dalla Scuola Medica Salernitana, che lo riteneva un valido alleato per “rendere più efficienti le forze naturali”, e che con l’aggiunta della noce moscata – considerata nella medicina popolare un digestivo e un potente afrodisiaco – contribuiva ad attribuire a questo piatto funzioni davvero portentose.

Nei secoli scorsi la stracciatella era talmente radicata nella cultura popolare che veniva addirittura servita durante i pranzi di nozze, per “aprire” e riscaldare lo stomaco in attesa delle portate successive.

 

La minestra del paradiso emiliana

Ritroviamo la stracciatella anche in altre regioni dell’Italia Centrale, dall’Abruzzo alle Marche, fino all’Emilia Romagna. La versione romagnola, in particolare, prevede l’impiego del pangrattato al posto del semolino e prende il curioso nome di minestra del paradiso, un appellativo che neppure l’Artusi, riportando la ricetta nella sua Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891), era in grado di spiegare: “È una minestra sostanziosa e delicata; ma il Paradiso, fosse pur quello di Maometto, non ci ha nulla che fare. Montate sode quattro chiare d’uovo, incorporateci dentro i rossi, poi versateci quattro cucchiaiate non tanto colme di pangrattato fine di pane duro, altrettanto di parmigiano grattato e l’odore della noce moscata. Mescolate adagino onde il composto resti soffice e gettatelo nel brodo bollente a cucchiaini. Fatelo bollire per sette od otto minuti e servitelo. Questa dose potrà bastare per sei persone”.

 

La ricetta

Ingredienti per 6 persone

2 litri di brodo
4 uova
3-4 cucchiai di semolino
3-4 cucchiai di parmigiano grattugiato
Prezzemolo tritato
Un pizzico di noce moscata

Procedimento

Versate in una terrina le uova, il semolino, il parmigiano e, a piacere, il prezzemolo e la noce moscata. Aggiungete un mestolo di brodo freddo, sbattete il tutto con una forchetta. Gettate d’un colpo il composto nel brodo bollente, mescolando con forza con una frusta, facendo rapprendere l’uovo che si dividerà in piccoli fiocchi. Servite la stracciatella con una spolverata di parmigiano.

 

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