Le paste ripiene e i salumi, da quelli celebri come il Crudo, la Coppa e il Salame Felino, ai meno noti, come la Spalla di San Secondo, che era gradita a Giuseppe Verdi. E poi il pregiato Fungo porcino di Borgotaro, il pomodoro, la polenta, i vini come il Barbera e il Bonarda. E naturalmente il Parmigiano Reggiano, simbolo del made in Italy nel mondo. Parma è uno scrigno unico di sapori e una delle capitali internazionali del mangiare bene: per questo l’Unesco l’ha proclamata “Città creativa per gastronomia”, riconoscendo il valore del suo immenso patrimonio culinario, frutto della felice posizione geografica – tra la pianura del Po e i colli appenninici –, ma anche del lavoro di norcini, casari, agricoltori che qui hanno saputo far nascere specialità famose ben oltre i confini della Penisola.
I sapori della Food Valley
I sapori della Food Valley
Conosciuta dall’Ottocento come la Food Valley d’Italia per il suo fecondo distretto agroalimentare – formato dal capoluogo e da 29 comuni limitrofi –, in cui nascono salumi, formaggi, paste e conserve vegetali, Parma è la patria di alcune tra le eccellenze enogastronomiche più apprezzate nel nostro Paese e all’estero. A cominciare dal Parmigiano Reggiano DOP, considerato il re dei formaggi italiani, la cui produzione prese il via quasi mille anni fa nei caselli, i piccoli caseifici a pianta quadrangolare dove i casari emiliani lavoravano il latte e continua tutt’ora, naturalmente all’interno di strutture più grandi, ma ancora con metodi squisitamente artigianali. Poi i salumi: dal Crudo DOP, con l’inconfondibile gusto dolce dato dalla lunga stagionatura nelle cantine, con l’aria asciutta delle colline, alla Coppa, ricavata dai muscoli del collo di suino, che grazie alla sua consistenza tenera è un ingrediente privilegiato di pizze e torte salate; dal Culatello di Zibello, uno dei salumi italiani più pregiati, fatto con la parte più morbida della coscia suina (la noce) allo Strolghino, il salame che si ottiene dalle sue rifilature; dal Salame di Felino – chiamato così perché prodotto nel comune omonimo – già apprezzato dalla dinastia Farnese nel periodo rinascimentale, alla Spalla di San Secondo, prodotta con la carne magra della spalla suina.
Ma i colli parmensi sono storicamente legati anche alla coltivazione del pomodoro e alla produzione delle conserve – qui operarono pionieri del settore come Mutti, Pagani, Rodolfi; alla pasta fresca – tipica di tutta l’Emilia Romagna –, come i tortelli ripieni di zucca o di erbette, o ancora quelli dolci di Colorno, farciti con mostarda, vino cotto e pangrattato; ai cibi di strada, come la torta fritta che si mangia con i salumi, e a quelli poveri, dalla polenta, che per secoli ha sfamato intere generazioni durante l’inverno, alla trippa alla parmigiana, cotta con la passata di pomodoro e servita col formaggio grattugiato. Specialità da accompagnare con i vini, dal celebre Lambrusco, ideale da gustare col Parmigiano Reggiano, al Fontana di San Secondo, un rosso frizzante che esalta il sapore della spalla cotta, dalla Malvasia di Maiatico, un bianco perfetto per le paste ripiene, fino al corposo Colli di Parma DOC, che si abbina egregiamente agli arrosti, ai bolliti e ai brasati.
Da circa quindici anni a Parma ha sede la rete dei Musei del Cibo, con sei strutture dedicate ad altrettante specialità – il Prosciutto, il Parmigiano, la Pasta, il Pomodoro, il Vino e il Salame di Felino –, per conoscere la storia dei prodotti che hanno contribuito a costruire la fama di questo territorio in Italia e nel mondo.
Il riconoscimento Unesco
Il riconoscimento Unesco
Dopo l’avvio dell’iter la primavera scorsa e la presentazione della candidatura il 10 novembre, il riconoscimento dell’Unesco è arrivato a dicembre, a Parigi. Parma è l’unica località italiana ad aver ottenuto il prestigioso titolo di Città creativa per la gastronomia, istituito per unire i territori che hanno fatto del cibo il motore dello sviluppo economico. Accanto a lei la norvegese Bergen – famosa per il suo coloratissimo mercato del pesce all’aperto –, la brasiliana Belem – considerata una delle capitali gastronomiche del Paese, in cui si incontrano tradizioni europee, siriane, africane e indigene – e le spagnole Burgos e Phuket, la prima rinomata per i piatti di carne, tra cui la olla podrida, lo stufato di carne e fagioli citato anche nel Don Chisciotte, la seconda per i sapori speziati e piccanti. Per il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, si tratta di una “conferma che il futuro del territorio parmense passa in primo luogo attraverso la valorizzazione dei suoi prodotti di eccellenza e la capacità di trasformarli in cibo”.
Non solo cibo
Non solo cibo
Un weekend a Parma non è soltanto l’occasione per assaggiare le sue tante prelibatezze, ma anche per conoscere il suo centro storico, che accoglie edifici e tesori artistici di epoche diverse. Tra questi la Cattedrale, dedicata all’Assunta, di origine duecentesca, con i dipinti del Correggio – tra cui l’Ascensione di Maria al Cielo, sulla Cupola, tra le principali opere del Rinascimento italiano – e del Parmigianino, il Battistero, con le sculture di gusto bizantino, e il Palazzo della Pilotta che ospita il Teatro Farnese, fatto edificare dai duchi di Parma e Piacenza nel 1617. Da non perdere una visita ai numerosi spazi verdi della città: il Parco Ducale, un’area di oltre 200mila metri quadrati che conserva l’aspetto di un giardino seicentesco, la Cittadella, una fortezza del XVI secolo trasformata in un parco pubblico nel secondo dopoguerra, e l’Orto botanico con il giardino all’italiana del Settecento.