Il gusto unico delle verdure di stagione, unite ad un pizzico di origano, qualche fogliolina di basilico fresco e cipolla tagliata finemente, condite con un filo di olio extravergine d’oliva e stufate a fuoco dolce. Profumatissima e leggera, la ciambotta è una specialità della tradizione gastronomica del Centro e Sud Italia che racchiude tutti i colori dell’estate, facendoci pregustare l’arrivo della bella stagione. Non va servita calda, ma tiepida o a temperatura ambiente, anzi può anche essere preparata con un giorno d’anticipo rispetto a quando sarà consumata – in questo modo diventerà ancora più corposa e saporita.
Diffusa dall’Abruzzo alla Puglia, è servita come contorno o piatto unico, a seconda delle – numerose – varianti locali. È difficile stabilire con precisione in quale regione abbia avuto origine, ma sul contesto non ci sono dubbi: nacque nelle cucine dei contadini, che la portavano con loro durante le faticose giornate di lavoro nei campi e la mangiavano a pranzo, utilizzando come “contenitore” una pagnotta privata della mollica.
E il nome? La parola “ciambotta” è dialettale e deriva dall’antico termine francese chabrot, che significa appunto “miscuglio”. Non esiste un corrispettivo in italiano: del resto, tradurla con l’espressione “stufato di verdure” non renderebbe l’idea di una pietanza così ricca e “avvolgente”, pur nella sua estrema semplicità.
Nel passaggio da una regione all’altra, questo piatto ha assunto connotazioni diverse, modificandosi sia nel nome che negli ingredienti di cui è composto:
– In Abruzzo è chiamato “ciabotto” ed è preparato con ortaggi misti (melanzane, peperoni, patate, zucchine, fagiolini, carote), tagliati a tocchetti e cotti in un tegame coperto – in cui in precedenza si soffriggono olio e cipolla – con pomodori pelati, basilico e peperoncino sminuzzato.
– Nel Lazio lo ritroviamo a Ventotene, la splendida isola in provincia di Latina, con l’appellativo di “cianfotta”: qui è cucinata con fave e piselli freschi, patate e carciofi, insaporiti con un soffritto di porro, olio e pancetta.
– In Campania ne esistono addirittura tre versioni: la ciambotta cilentana, fatta con peperoni, patate e melanzane a dadini, stufati a fuoco lento con pomodorini tagliati a metà, olio e aglio, con un tocco di freschezza conferito dal basilico aggiunto solo al termine della cottura; quella di Benevento, diffusa in particolare nel comune di Morcone, a base di zucchine, patate, carote, bietole, fagioli freschi (già lessati) e fiori di zucca; la cianfotta napoletana, simile a quella cilentana, ma arricchita da olive nere e origano.
– In Calabria, la ciambotta è cucinata con zucchine, peperoni, melanzane, patate e cipolle, cotte in un tegame coperto con un filo d’olio, peperoncino, sale, pepe, origano e prezzemolo. Il tocco in più è costituito da un mix di mollica di pane raffermo sbriciolata e pecorino che conferiscono un gusto deciso al piatto.
– In Basilicata si distingue da tutte le altre versioni per la presenza delle uova sbattute, versate sulle verdure (zucchine, peperoni, melanzane) a fine cottura. La ciambotta lucana va servita subito.
– In Puglia la ciambotta è unica nel suo genere e con le pietanze delle altre regioni condivide soltanto il nome: è, infatti, una specialità di mare nata nelle case dei pescatori e oggi considerata una ricercata prelibatezza, preparata con spigole, gamberoni e frutti di mare, cotti insieme a pomodori, un peperone e un goccio d’acqua.