Il 17 gennaio, giorno dedicato a Sant’Antonio Abate, nelle case di Milano, della Brianza, del Comasco e del Pavese non può mancare un bel piatto di Cassoeula, il sostanzioso stufato di verza e carne di maiale, di cui si utilizzano le parti meno nobili (costine, cotenne, zampetti, orecchie), insieme alla luganega – la famosa salsiccia monzese impastata con spalla e lombo, grana padano, brodo di carne e marsala – e ai verzini – salamini fatti con lo stesso impasto delle salsicce, ma secchi. È una pietanza umile della tradizione contadina lombarda, ma che ha conquistato anche palati sopraffini come quello di Arturo Toscanini, che ne era particolarmente ghiotto: considerata una delle ‘istituzioni’ culinarie della regione, nei ristoranti e dalle trattorie milanesi è una presenza fissa e compare accanto ad altri capisaldi della cucina locale, come il risotto allo zafferano e l’ossobuco. La consuetudine di mangiarla in occasione della festa di Sant’Antonio è antica: in passato, infatti, gennaio era il mese che segnava la fine della macellazione dei maiali e anche il migliore per consumare la verza, che con le prime gelate invernali ‘prendeva il ghiaccio’, diventando più tenera.
La preparazione della Cassoeula ancora oggi è considerata un vero e proprio rito che richiede tempo e attenzione: si comincia la sera del 16 gennaio, così il giorno successivo i vari sapori saranno ben amalgamati e questo piatto sarà ancora più buono e corposo. Si inizia col fiammeggiare cotiche, zampetti e orecchie in una padella, senza condimenti, e col lessarli in abbondante acqua salata; successivamente, in un grosso tegame – meglio se di terracotta – si lascia imbiondire una cipolla con olio e burro, poi si aggiungono le costine, la luganega e i salamini a rondelle, un trito di sedano e carote, vino bianco e un cucchiaio di salsa di pomodoro sciolta in poca acqua o brodo, che darà alla pietanza un gradevole colore rosato. Infine si uniscono la verza tagliata a listarelle e la carne, lasciando stufare il tutto a fuoco dolce per almeno un paio d’ore. Il risultato finale deve avere una consistenza “ben tacchenta e minga sbrodolada e sbrodolenta!” (“collosa e non brodosa e liquida”), come spiega il poeta meneghino Antonio Strazza. La Cassoeula va servita fumante, accompagnata dal pane di segale raffermo o dalla polenta, come facevano le famiglie contadine nei secoli passati, che non potevano permettersi il più costoso pane bianco.