Nel Lazio
“La reginetta assoluta di un certo modo di mangiare romano”. È così che il giornalista e scrittore romano Livio Jannattoni definiva la bruschetta nel volume La cucina romana e del Lazio (1991). Una ricetta che “discende dalla cucina povera, ma oggi se ne fanno un vanto anche ristoranti di tono”.
Gli ingredienti per realizzarla sono soltanto quattro: pane, aglio, olio e sale: “Si mettono a fuoco non violento una o più fette di pane casareccio, possibilmente tagliate a metà, e si tolgono non appena si sono dorate e «bruscate», senza bruciacchiarsi. Si collocano poi su un piatto piano, largo, e si strofinano a caldo con uno spicchio d’aglio. Tanto quanto piace. Un po’ di sale, e infine l’olio vergine, o di frantoio, come si usa dire oggi, fatto scendere giù lentamente, in modo da penetrare bene nel tessuto poroso del pane. Tutto qui”. Elemento da non trascurare nella preparazione è “la qualità del fuoco”: “La griglia, la griglietta e, peggio ancora, la piastra e il tostapane, non raggiungeranno mai i carezzevoli effetti del carbone o della carbonella di un tempo”.
In Toscana
La fettunta, ovvero “fetta unta” in dialetto fiorentino, è indissolubilmente legata alla tradizione millenaria dell’extravergine nella Maremma toscana, già presente in epoca etrusca. Quest’olio dal sapore aromatico e diverso da una zona all’altra – dolce quello grossetano, forte e corposo quello dell’entroterra – incontra ed esalta la delicatezza del pane “sciapo”, tagliato a fette spesse precedentemente strofinate con uno spicchio d’aglio. Il “matrimonio d’amore” è reso ancora più fecondo da un pizzico di sale – che è d’obbligo, dal momento che il pane è sciocco – e di pepe. In inverno a questi ingredienti viene aggiunta qualche foglia di cavolo nero, principe delle tavole toscane, lessata in acqua salata.
In Umbria
La bruschetta umbra è realizzata con il pane di Strettura, un paesino tra Spoleto e Terni, impastato con acqua purissima di sorgente e cotto nel forno a legna, dalla forma larga, perfetta per accogliere l’olio. Nelle tavernette di Foligno, durante la Giostra della Quintana, storica manifestazione in costume che si svolge ogni anno a fine estate, è preparata seguendo un rituale singolare: le fette di pane abbrustolito vengono, infatti, immerse direttamente nell’orcio e poi private dell’olio in eccesso con un colpo secco del polso. Una variante tipica della regione è quella con fagioli cannellini lessi.
In Campania
A Napoli e in Campania la bruschetta non può dirsi tale senza i “Pomodorini del Piennolo” del Vesuvio – rossi e sodi – tagliati a pezzetti, che rilasciano sul pane il loro delizioso sughetto, un pizzico di origano e qualche fogliolina di basilico, che la rendono fresca e particolarmente “estiva”. Da “merenda” di agricoltori e braccianti durante le giornate di lavoro nei campi, la bruschetta partenopea è diventata negli anni un goloso antipasto, arricchendosi di ingredienti come mozzarella di bufala o fiordilatte, capperi, acciughe e olive nere.
In Calabria
Simile a quella napoletana, la fedda ruscia (abbrustolita) della Calabria è condita con pomodori, sale, pepe, origano e olio extravergine d’oliva.
In Puglia
Qui, come in Toscana, è l’extravergine, dal gusto intenso che “pizzica” il palato, l’ingrediente che fa la differenza: la fetta di pane, leggermente grigliata sulla brace, va immersa in una ciotola piena d’olio fino a quando non si sarà impregnata e solo alla fine insaporita con l’aglio.
In Piemonte
Chiamata in dialetto soma d’aj, la bruschetta piemontese è “carica” di aglio (la parola “soma” si riferisca infatti all’abbondante carico che gli asini portavano in groppa). Nella soma d’aj le fette di pane non vanno abbrustolite – e quindi è preferibile utilizzare pagnotte di giornata – ma strofinate accuratamente con l’aglio da entrambi i lati, condite con un pizzico di sale, pepe e un filo d’olio. Nel periodo della vendemmia la bruschetta è accompagnata da un grappolo d’uva della varietà Dolcetto o Moscato.
Una variante prelibata è quella con il lardo, posto tra due fette di pane già strofinate con l’aglio; il tutto va poi passato in forno per qualche minuto, per far sì che il lardo si sciolga appena.