L’olio da olive, in principio, non era un bene per tutti, ma per pochi: per chi poteva permetterselo. Così Luigi Caricato nel suo ultimo libro Libero olio in libero Stato (edizioni Zona Franca, 2013). Il “papa dell’olio” come lo definì Giuseppe Pontiggia, è un giornalista e scrittore ma anche oleologo, termine che lui stesso ha coniato per definire chi si interessa e fa studio sull’olio, poi riconosciuto dalla banca dati linguistica della Treccani.
Che ruolo ha l’olio nell’alimentazione?
L’olio da olive è l’unico alimento che non dovrebbe mai mancare nell’alimentazione quotidiana. È lui il vero protagonista della cucina. Usato a crudo come condimento, nella preparazione di pietanze, sughi e salse, sulle verdure, nelle insalate e nei dolci o semplicemente su una fetta di pane, è presente ovunque. E fa bene. Non è un caso che viene definito functional food, alimento di cui non si può fare a meno.
Lei parla di olio da olive…
Sì, di olio da olive e non di olio di oliva. Le denominazioni merceologiche degli oli ricavati dalle olive e disponibili al dettaglio sono molteplici, quattro: olio extra vergine di oliva, olio di oliva vergine, olio di oliva e olio di sansa di oliva. Sono denominazioni merceologiche acquisite ormai da tutti, in qualche modo. Cambiarle non ha senso ora, si creerebbe confusione tra i consumatori. Dire “olio da olive” sarebbe lessicalmente più corretto, anche perché, a partire dal frutto dell’oliva, le tipologie d’olio che si possono ricavare sono proprio tante, ognuna in relazione alle diverse modalità di lavorazione. L’olio ricavato dalle olive è un puro succo di oliva, una spremuta. Non è un caso che la voce spagnola aceite, con cui si indica l’olio da olive, sia mutuata da una voce araba (zaitun, da az-zait) che si traduce proprio in succo di oliva.
Come si fa a capire che un extra vergine è buono?
Tutti gli oli extra vergini di oliva sono buoni, se prodotti con professionalità. I consumatori, in fondo, hanno bisogno di oli dalla qualità media indiscutibile e certa, garantita anche nei tempi di consumo dichiarati in etichetta. La disponibilità dell’olio extra vergine di oliva a prezzi accessibili è stata però una conquista recente, che non si può certo ignorare, anche per i suoi tanti effetti positivi. L’aver reso l’olio da olive un olio popolare è un punto di arrivo al quale non si deve rinunciare. È una conquista di civiltà, un segno di democrazia. Oggi si può a buon diritto parlare di olio democratico, accessibile a tutti, a differenza del passato.
Eppure c’è ancora tanta confusione…
Sì, nonostante l’olio da olive sia un prodotto semplice, immediato, lineare. In ogni caso va detto che come tutto ciò che è semplice, o che appare tale, diventa il più delle volte assai difficile da spiegare. Gli stessi olivicoltori e frantoiani, coloro che ne sono gli artefici, non sono in grado di raccontarlo. Lo raccontano male, in maniera poco avvincente. Dicono solo che è buono, saporito, profumato – l’olio che producono. Ricorrono a espressioni desuete, troppo abusate, vuote di significato, che non dicono nulla: il mio olio è genuino. Bene, e con ciò? L’olio da olive deve essere necessariamente genuino, altrimenti sarebbe illegale.
In etichette si legge spesso prodotto da oli non italiani.
Non è un reato vendere oli che non siano italiani, anche quando il nome degli oli evocano storici marchi italiani senza che la proprietà sia italiana. Il mercato nostrano è carente di prodotto italiano, dobbiamo per forza di cose importarne per soddisfare il fabbisogno interno. Così, vi sono inevitabilmente in circolazione sia oli cento per cento italiani, sia, nel contempo, oli di importazione, sui quali tra l’altro abbiamo ormai la riconosciuta fama di operare magistralmente, attraverso la nostra grande attitudine, tutta italiana, di realizzare blend, ovvero la sapiente combinazione di differenti partite d’olio. Ciò che semmai va garantito è che non si mistifichino le produzioni: che non si spaccino per oli italiani prodotti in Italia gli oli che invece sono stati prodotti altrove. Non occorre spaventarsi di tutto ciò. Si pensi al caffè espresso, a questa invenzione tutta italiana che ci rende unici al mondo. Noi importiamo caffè, dal momento che non lo produciamo nelle nostre campagne – anche perché non è una pianta adatta al nostro territorio – e tuttavia il nostro modo di lavorare il caffè, e prima ancora di selezionarlo, per realizzare i blend, ovvero le varie miscele, è davvero magistrale e unico.
Perché il titolo di Libero olio in libero Stato?
Riprendo la celebre espressione “libera Chiesa in libero Stato”. La concezione separatista tra Chiesa e Stato dovrebbe oggi estendersi anche tra Olio e Stato. Sarebbe di gran lunga auspicabile, anche perché l’olio da olive viene spesso tenuto prigioniero e imbrigliato nelle maglie dell’appartenenza, riconducendolo a una sua specifica collocazione in un determinato luogo.
Nel 2011 ha elaborato un Manifesto per il Risorgimento dell’olio italiano che ripropone nuovamente. Cosa è cambiato?
Sì, è stata una bella idea, ma non è cambiato molto, purtroppo. L’Italia è il Paese dell’olio per antonomasia, è vero, eppure la Spagna domina ormai da protagonista assoluta la scena mondiale. Noi abbiamo una filiera in eterno conflitto, e così anziché fare fronte comune e dominare la scena mondiale, litighiamo, mentre altri, uniti, si muovono sulla scena dei mercati con una voce sola. Ci vorrebbe più unità, ma temo che non ci riusciremo. Siamo destinati a una decadenza senza fine, tranne che non si comprenda la necessità di voltare pagina e costruire una casa comune per tutti gli attori della filiera, coinvolgendo anche i consumatori. Io resto ottimista, c’è sempre tempo per la rinascenza, nonostante tutto, e nonostante la litigiosità degli italiani.
Luigi Caricato
Luigi Caricato
Giornalista, scrittore e oleologo, termine coniato da lui stesso, poi riconosciuto dalla Treccani, per definire il proprio lavoro e più in generale coloro i quali si interessano di olio professionalmente. Ha pubblicato diversi e importanti volumi sull’olio di oliva, oltre a un romanzo, L’olio della conversione (Besa, 2005 e 2006).
Nel 2007 è stato nominato membro della prestigiosa Accademia dell’olivo e dell’olio di Spoleto, ha insegnato presso il Master in olivicoltura ed elaiotecnica dell’Università di Pisa. Svolge da anni una intesa attività culturale e convegnistica. È ideatore di “Olio Capitale”, il salone degli extra vergini tipici e di qualità di Trieste, giunto alla quarta edizione. Ha fondato Teatro Naturale, periodico specializzato in agricoltura, alimentazione e ambiente e Teatro Naturale International, giornali che non dirige più dal settembre 2013, non riconoscendosi più nello spirito originario che ha dato il via alle due testate. Attualmente è direttore del settimanale Olio Officina Magazine.
Tra i principali volumi dedicati all’olio di oliva si segnalano L’incanto dell’olio italiano (Bibliotheca Culinaria, 2001), Oli d’Italia (Mondadori, 2001), Star bene con l’olio di oliva (Tecniche Nuove, 2003), Guida agli oli extra vergine bio (Tecniche Nuove, 2004), L’olio (Food, 2005), Olio puro succo di oliva (Tecniche Nuove, 2005), A tavola e in cucina con le olive (Tecniche Nuove, 2007), Friggere bene (con Giuseppe Capano; Tecniche Nuove, 2009), Olio di lago. Garda Dop (Mondadori, 2010), Olio: crudo e cotto (con Giuseppe Capano; Tecniche Nuove, 2012) e, l’ultimo, Libero Olio in libero Stato (Zona Franca, 2013).