Diplomate o laureate, bevono il primo bicchiere attorno ai vent’anni e preferiscono un consumo moderato. A cena con il proprio partner, spesso sono loro a scegliere quale bottiglia abbinare alle pietanze, privilegiando le bollicine, ma anche i vini rossi e corposi, quelli made in Italy così come i vini che arrivano dall’estero. È l’identikit delle ‘bevitrici in rosa’, che nel nostro Paese rappresentano quasi della metà dei consumatori totali, tracciato dalle Donne del Vino, l’associazione fondata nel 1988 da una produttrice senese, Elisabetta Tognana, che oggi conta 650 iscritte in tutta Italia, non solo imprenditrici ed enologhe, ma anche sommelier, proprietarie di enoteche, esperte e giornaliste del settore.
Rispetto agli uomini le donne bevono meno “e forse in modo più attento, anche perché usano il vino come strumento di socializzazione e persino di emancipazione”, sottolinea l’Associazione in una nota. Così “il ‘nettare di Bacco’ diventa un complemento della socialità come i vestiti, come il trucco o la conversazione”.
Ma il gentil sesso il vino ama pure produrlo, come testimonia il fatto che oltre il 30% delle cantine e aziende vitivinicole italiane sia gestito da donne. Negli ultimi venticinque anni in molte, che già lavoravano in vigna e in cantina ma in maniera silenziosa, hanno ereditato dai padri le imprese di famiglia – prima, invece, i passaggi avvenivano sempre in linea maschile – prendendo coscienza delle proprie capacità imprenditoriali; altre invece decidono di fare del vino la propria professione, studiando per diventare agronome, enotecarie, enologhe, sommelier. Una piccola rivoluzione culturale perché le donne “hanno saputo proporre, con la loro operosità, una diversa chiave di lettura rispetto al mondo maschile”, con un’attenzione crescente verso il “desiderio di saper scegliere un prodotto di alta qualità” e “il piacere di gustarlo in modo consapevole”.