Nella sua terra natale, l’Alta Valle del Tevere, al confine tra Umbria e Toscana, viene definito il “parente povero della salsiccia”, perché si ricava dalla carne avanzata dopo la lavorazione degli altri salumi, a cui si aggiungono tagli meno nobili del maiale come fegato, cuore e polmoni. Il “Mazzafegato” è un antico insaccato della tradizione umbra, che nasce dalla mani esperti dei norcini di Città di Castello e Umbertide, due incantevoli borghi della provincia di Perugia: una salsiccia di color rosso scuro che si consuma fresca o dopo una stagionatura di un paio di mesi, dal sapore robusto e dall’intenso aroma di spezie – dovuto alla conciatura delle carni con pepe, aglio e fiori di finocchio –, che proprio per il suo carattere importante si è meritata l’appellativo di ‘ammazza fegato’! È diffuso anche nella Valtiberina toscana, tra Stia, Pratovecchio, Montemignaio, Castel San Niccolò e altri comuni dell’aretino, dove è chiamato “Sambudello”.
Nelle case e nei ristoranti umbri il Mazzafegato fresco si mangia arrostito sulla brace, servito con erbette di campo lessate e ripassate in padella con aglio e olio, purè di patate, lenticchie o fagioli in umido, o ancora con i ceci in insalata. Va accompagnato con vini corposi, in grado di esaltarne il gusto robusto, come il Montefalco Rosso o il Torgiano Rosso Riserva.
Quello stagionato, invece, si taglia a fette spesse e si assapora con il Pane “sciocco” di Terni, la tipica pagnotta senza sale dalla crosta croccante e dalla mollica soffice, oppure con quello di Strettura, prodotto nell’omonimo paesino tra Terni e Spoleto, con farina di grano tenero locale, lievito madre, acqua purissima di sorgente e un pizzico di sale. Il Mazzafegato secco è ottimo anche per dare un tocco di gusto in più ai minestroni invernali o alle zuppe di legumi, per insaporire verdure saltate in padella o per arricchire sfoglie ripiene e torte salate.