Tra il Giovedì e il Venerdì Santo, la Costiera Sorrentina diventa teatro di alcune tra le più suggestive rappresentazioni della Passione di Cristo portate in scena nel nostro Paese. Nel corso della Settimana Santa, trascorrere qualche giorno nell’incantevole tratto di costa campana rappresenta l’occasione giusta per assistere a rituali carichi di storia e fascino, oltre che, naturalmente, per concedersi un po’ di relax tra scenari mozzafiato e le tante prelibatezze gastronomiche offerte da questa splendida terra.
Qui è d’obbligo, innanzitutto, assaggiare le specialità di mare preparate dai numerosi ristorantini disseminati tra Meta, Vico Equense, Piano, Sant’Agnello, Sorrento e Massa Lubrense: i “vermicelli” – più spessi dei classici spaghetti – con le vongole veraci, le seppie e i totani ripieni, i polipetti “affogati” – ovvero cotti con olio extravergine di oliva, aglio e pomodori freschi senza aggiunta di acqua – e la zuppa di pesce, a base di scorfano, cozze, vongole, calamari e polipi.
Il piatto forte della zona è rappresentato poi dai celebri “Gnocchi alla Sorrentina”, che vengono sistemati in piccole terrine di coccio monoporzione e conditi con passata di pomodoro fresco, fior di latte e abbondante parmigiano grattugiato; una volta tolti dal forno, vanno serviti caldissimi e filanti, guarniti con una fogliolina di basilico. E, da bere, un buon bicchiere di vino “di sabato”, un rosso ricavato dall’uva dei vitigni collinari di Vico Equense, simile per aroma e corposità all’Aglianico.
Ma la Costiera, grazie alla presenza dei Monti Lattari – appartenenti all’Appennino Campano – è famosa anche per i prodotti caseari, come il Fior di latte, dalla forma tonda o a treccia, un formaggio fresco a pasta filata ottenuto da latte vaccino, ottimo da mangiare in purezza ma anche per cucinare, grazie alla compattezza della pasta che garantisce una buona “tenuta” durante la cottura. E, ancora, per il Provolone del Monaco DOP, privo della testina tipica del caciocavallo classico, che viene prodotto da almeno tre secoli ad Agerola, in provincia di Napoli: da qui, nel Settecento, i casari partivano alla volta del capoluogo campano per vendere il loro formaggio, coprendosi con pesanti mantelli che li facevano assomigliare, appunto, a dei monaci – da qui il singolare appellativo dato al caciocavallo.
Un pranzetto “in Costiera”, infine, non può che concludersi con un bicchierino di limoncello, il liquore ricavato dai profumati limoni di Sorrento, e con gli squisiti dolci locali, dal babà alle “delizie” provenienti dalla confinante Costa d’Amalfi – piccole cupole di pan di spagna farcite e ricoperte di crema al limone –, dalla pastiera – il dolce di Pasqua della vicina Napoli – ai cannoli alla Sorrentina, che a differenza di quelli siciliani sono ripieni di crema pasticcera anziché di ricotta.