Immancabile alla mensa delle più importanti dinastie che regnarono sul Ducato di Parma e Piacenza, dai Farnese (1545-1731) ai Borbone (1748-1860), e amato dalla Duchessa Maria Luigia d’Austria, il Salame di Felino è tra i salumi più pregiati della ricchissima tradizione norcina dell’Emilia.
Tutelato dal Marchio IGP dal 2011, è chiamato così perché viene prodotto a Felino (comune di circa 8mila anime sulle colline del parmense) da almeno otto secoli, come testimonia un’antica decorazione interna al Battistero di Parma (edificato tra il 1196 e il 1270), raffigurante due salami che per forma e dimensione sono riconducibili con certezza al prelibato insaccato.
Considerato un salume “nobile”, è ricavato da tagli di suino – testa di pancetta o trito di banco (sottospalla) – accuratamente selezionati e insaccati nel cosiddetto budello “gentile”, liscio e dal grosso spessore, che consente alle carni di mantenere una straordinaria morbidezza anche dopo la stagionatura. Dal gusto dolce, mai salato, e dall’aroma delicato – talvolta reso più intenso dall’aggiunta di vino bianco secco all’impasto –, per essere assaporato al meglio “va appoggiato su un tagliere di legno e tagliato con un coltello lungo e sottile, non dentellato, in maniera che le fette siano spesse come uno dei grani di pepe che contiene”, come consigliato sul sito del Consorzio. Il taglio deve essere “a becco di flauto”, ovvero obliquo, per “mantenere la fetta integra e saporita”.
In cucina il Salame Felino è protagonista del classico antipasto parmense – insieme al Prosciutto crudo, al Culatello di Zibello, alla Coppa, allo Strolghino –, accompagnato dalla torta fritta, celebre street food diffuso ovunque in Emilia Romagna (con i nomi di crescentina, pinzino, gnocco fritto), e da un buon bicchiere di Lambrusco. Grazie al suo carattere gentile può essere impiegato per farcire rustici e torte salate – l’ideale è abbinarlo alla ricotta –, per arricchire una semplice pasta al sugo di pomodoro ma soprattutto per dare una nota sapida alle minestre di legumi o verdure (cavolo, rape, bietole) e insaporire carciofi e altri ortaggi trifolati.