Giuseppe Verdi non è stato solo un grande musicista ma anche un raffinato gastronomo. Così lo descriveva il commediografo e librettista Giuseppe Giacosa nel 1889, suo intimo amico: “Il Verdi non è goloso, ma raffinato; la sua tavola è veramente amichevole, cioè magnifica e sapiente: la cucina di Sant’Agata (la tenuta di Villanova sull’Arda, oggi villa Verdi, la casa più amata, ndr) meriterebbe l’onore delle scene, tanto è pittoresca nella sua grandezza e varia nel suo aspetto di officina d’alta alchimia pantagruelica. Il Verdi non è gran mangiatore, né di difficile contentatura”.
Amava procurarsi personalmente gli alimenti, girando per le tenute attorno a Sant’Agata, e si metteva sovente ai fornelli, tanto che c’è una caricatura di Melchiorre Delfico che ritrae il Maestro a Napoli con un grembiule da cucina che tiene in mano una casseruola fumante, non si è mai saputo se contenente maccheroni o il “suo” risotto allo zafferano. Eh si, perché, per il compositore della Traviata, nelle grandi occasioni un buon risotto non poteva mancare tanto che nel settembre 1896 la moglie Giuseppina Strepponi fu “costretta” a trasmettere la ricetta del risotto “alla Verdi” niente di meno che all’impresario dell’Opèra di Parigi Camille Du Locle, raccomandando attenzione alla giusta dose di Parmigiano reggiano, “tre buone manate”, che il Maestro considerava l’ingrediente che dava il tocco in più al risotto.
“Mettete in una casseruola – scriveva Giuseppina Strepponi – due once di burro fresco; due once di midollo di bue, o vitello, con un poco di cipolla tagliata. Quando questa abbia preso il rosso mettete nella casseruola sedici once di riso di Piemonte: fate passare a fuoco ardente (rossoler) mischiando spesso con un cucchiaio di legno finché il riso sia abbrustolito ed abbia preso un bel color d’oro. Prendete del brodo bollente, fatto con buona carne e mettetene due o tre mescoli (deux ou trois grandes cuilleres à soupe) nel riso. Quando il fuoco l’avrà a poco a poco asciugato, rimettete poco brodo e sempre fino a perfetta cottura del riso. Avvertite però, che a metà della cottura del riso (ciò sarà dopo un quarto d’ora che il riso sarà nella casseruola) bisognerà mettervi un mezzo bicchiere di vino bianco, naturale e dolce: mettete anche, una dopo l’altra, tre buone manate di formaggio parmigiano grattato rapè. Quando il riso sia quasi completamente cotto, prendete una presa di zafferano che farete sciogliere in un cucchiaio di brodo, gettatelo nel risotto, mischiatelo, e ritiratelo dal fuoco, versatelo nella zuppiera. Avendo dei tartufi, tagliateli ben fini e spargeteli sul risotto a guisa di formaggio. Altrimenti mettetevi formaggio solo. Coprite e servite subito”.