Castel d’Ario, piccolo borgo del mantovano a 20 km dal capoluogo, da secoli terra di risaie, è la patria di uno dei piatti più famosi della gastronomia di Mantova e dell’intera Penisola: il riso alla pilota. ‘Riso’ e non ‘risotto’, perché per prepararlo si segue un procedimento differente: i chicchi, infatti, non vengono tostati e poi cotti con l’aggiunta del brodo, ma lessati in acqua per una decina di minuti e in seguito insaporiti con il condimento – una spolverata generosa di grana grattugiato e la ‘salamella’ (una salsiccia fresca fatta con parti magre della spalla suina e grasso di pancetta e prosciutto), che viene privata del budello, sbriciolata e rosolata in abbondante burro. Per cucinarlo i casteldariesi utilizzano esclusivamente il Vialone Nano, una varietà che qui viene coltivata dai primi decenni del Novecento, caratterizzata da granelli ricchi di amido che tengono al meglio la cottura.
Oggi è il riso alla pilota è considerato una ricetta prelibata, da riservare ai giorni di festa, e compare tra le principali specialità dei ristoranti casteldariesi e mantovani, accanto agli altri primi della tradizione locale, come i tortelli di zucca con gli amaretti e la mostarda e i capunsei, gnocchetti di pane cotti nel brodo oppure serviti con burro fuso. Ma le sue origini sono umili: questo piatto, infatti, nacque per sfamare i ‘piloti’ o ‘pilador’ – da cui l’appellativo ‘alla pilota’ –, termine dialettale con cui in passato si indicavano i braccianti addetti alla lavorazione del riso (la pilatura) all’interno delle pile, grosse ruote dotate di pestelli che servivano per la pulitura e la brillatura dei chicchi.
La cottura del riso
La cottura del riso
Il lavoro nelle pile veniva svolto in modo continuato, senza interruzioni, e non consentiva agli operai di mangiare insieme agli altri né di dedicare molto tempo alla preparazione dei pasti; per questo essi escogitarono un metodo di cottura veloce e che fosse in grado di far rimanere il riso al dente più a lungo. Lo lessavano in un grosso paiolo di rame con una quantità d’acqua pari a quella del riso, per circa dieci minuti; poi, a fiamma spenta, chiudevano il pentolone con un canovaccio e al di sopra di questo mettevano il coperchio, così il cuore del chicco continuava a cuocere assorbendo l’umidità in eccesso e, col passare delle ore, invece di disfarsi si insaporiva meglio nel condimento.
Questo procedimento ebbe inizio probabilmente tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, quando nei borghi sulla riva sinistra del Mincio si ebbe la massima diffusione delle pile da riso.
I condimenti tradizionali
I condimenti tradizionali
Il riso a volte veniva insaporito soltanto con un soffritto di cipolla oppure con gli ingredienti disponibili in base alla stagione: in estate i psin e saltarei fritti (pesciolini raccolti nelle risaie e gamberetti d’acqua dolce); in inverno, nel periodo della macellazione del maiale, il pistume, ovvero il macinato impiegato per la produzione del salame mantovano, che col tempo fu sostituito dalla salamella. Un altro condimento tipico della zona è quello col puntel, il ‘supporto’: una braciola di maiale che viene infilzata verticalmente nel piatto e mangiata insieme al riso.
La ricetta
La ricetta
Ingredienti per 6 persone
500 gr di riso
250 gr di salamelle
100 gr di burro
Un bicchiere di vino bianco
Grana padano grattugiato
Sale q.b.
Procedimento
In una pentola versate una quantità d’acqua uguale a quella del riso; quando raggiunge il bollore salate, versate il riso e fatelo cuocere per circa 10 minuti senza coperchio, finché avrà assorbito tutta l’acqua, mescolando di tanto in tanto per non farlo attaccare. Trascorso il tempo necessario, togliete il tegame dal fuoco, ricopritelo con un canovaccio e al di sopra di questo ponete il coperchio. Fate riposare così il riso per un’altra decina di minuti per terminare la cottura.
Nel frattempo private le salamelle del budello, sbriciolatele e fatele soffriggere in un tegame con il burro; unite il vino bianco e fatelo evaporare. Quando la cottura del riso sarà ultimata, versate il condimento e amalgamate il tutto aggiungendo il grana grattugiato.