Dici cotechino o zampone e il pensiero corre subito alle feste tra Natale e Capodanno, di cui sono, ormai, un piatto immancabile. Il cotechino è considerato addirittura beneaugurante se consumato con le lenticchie durante il “cenone” di San Silvestro. Anche quest’anno, come nel 2012, gli italiani ne mangeranno almeno 6 milioni di chili, praticamente i due gustosi insaccati saranno sulle tavole di due italiani su tre (62%).
La tradizione di gustare cotechino e zampone durante le feste di Natale, di fine anno e di Capodanno è legata all’usanza contadina di macellare il maiale a partire dal giorno di Santa Lucia (il 13 dicembre). Le carni usate per preparare i due insaccati sono tra le parti del maiale che devono essere consumate più rapidamente, altrimenti deperiscono.
Fino a oltre la metà dell’Ottocento cotechino e zampone erano in tavola tutto l’anno. Gioacchino Rossini, celebre in tutto il mondo per il Barbiere di Siviglia, ne era molto goloso e ne chiedeva spesso al suo amico, il Signor Bellentani, tra i primi e più importanti produttori di Cotechino di Modena: “Vorrei quattro Zamponi e quattro Cotechini, il tutto della più delicata qualità”.
Ma quale scegliere? Sfatiamo una falsa leggenda che considera lo zampone più grasso e meno pregiato. Tutt’altro. Il secondo non è solo è più pregiato ma anche più raro. Tanto che dai contadini veniva considerato un lusso. Cotechino e zampone differiscono per la quantità di cotenna, per la preparazione – nel primo ci sono più aromi e spezie – e per l’involucro esterno – per il cotechino budello e per lo zampone la pelle della zampa, da cui il nome. La ricetta tradizionale richiede l’utilizzo di cotenna per almeno il 50%, come indicato nel 1841 da Vincenzo Agnoletti, il famoso cuoco al servizio di Maria Luigia, granduchessa di Parma.
Primi insaccati della storia, la nascita di cotechino e zampone risale al 1511. In quell’anno l’esercito di Papa Giulio II Della Rovere assedia la città di Mirandola, patria di Giovanni Pico (più conosciuto come Pico della Mirandola), alleata della Francia. I mirandolesi per non regalare al nemico diversi allevamenti di maiali li macellarono e, seguendo il suggerimento di uno dei cuochi al servizio di Pico della Mirandola “infilarono la carne più magra e la cotenna (da cui cotechino) in un involucro formato dalla pelle delle sue zampe e dai budelli. Così non marcirà, e si potrà conservare per cuocerla più avanti”.
Il cotechino più pregiato e diffuso è quello di Modena, oggi un IGP (Indicazione Geografica Protetta), che peraltro rappresenta il 70% della produzione nazionale. Oltre l’Emilia-Romagna hanno classificato il cotechino come prodotto IGP, perché se ne producono di veramente buoni, anche la Lombardia, il Veneto, il Trentino e il Molise.
Come si legge nella ricetta tradizionale riportata dal disciplinare e sul sito del Consorzio “il cotechino viene prodotto con le carni del maiale meno nobili, inadatte alla stagionatura. L’ingrediente principale un tempo era la cotenna (da cui il nome) a cui era aggiunta la polpa della testa e del collo, tutte carni peraltro ricche di tessuto connettivo che conferiscono la composizione gelatinosa all’insaccato”. Nei secoli scorsi il cotechino veniva prodotto dai cosiddetti “lardaroli e salsicciari” che qualche anno dopo la nascita del cotechino e delle zampone, nel 1547, si riunirono in una Corporazione Autonoma nel 1547.
La preparazione
La preparazione
Il crudo, o meglio quello di macelleria, deve essere fatto bollire per due ore circa, mentre il precotto, facilmente reperibile in commercio, richiede solo 20 minuti di cottura in acqua bollente. In entrambi i casi può essere servito con le lenticchie, ma è ottimo anche con patate al forno o patatine novelle, con la polenta o con le verdure.
Emile Zola suggeriva: “se volete allegria, mangiate modenese, lo zampone dà gioia ad un animo triste”.