Su un grissino artigianale, con il melone cantalupo, in uno dei più classici antipasti italiani, o in purezza, magari consumato appena tagliato, il Prosciutto di San Daniele è da sempre uno dei salumi più apprezzati. Genuino e nutriente deve il suo nome all’omonimo borgo in provincia di Udine dove viene prodotto da tempi lontanissimi. Tra le specialità italiane più esportate all’estero, ogni anno arriva sulle tavole di Francia, Stati Uniti, Germania, Svizzera, Belgio, Gran Bretagna e Australia.
Il modo migliore per apprezzarne il gusto e le caratteristiche è al piatto, accompagnandolo con i grissini o con uno dei pani del Friuli, come la biga servolana, tipica del triestino, impastata con farina di grano tenero e formata da due pezzi di pasta uniti insieme, il pane bruno, ricavato da farine scure come orzo e segale, o il grispolenta, a base di farina di mais e frumento, con un buon bicchiere di vino. Ma è superbo anche insieme al melone cantalupo – un piatto molto amato in questo periodo dell’anno –, alla mozzarella di bufala campana DOP, agli asparagi appena scottati o cotti al vapore. Da veri intenditori il carpaccio con noci e miele, un’alternativa gourmet alla classica versione con rucola e scaglie di parmigiano reggiano.
Sul sito ufficiale del Consorzio di produzione si trovano diversi suggerimenti per esaltarne al meglio il sapore, divisi in base alla stagione: in primavera, ad esempio, da provare la pasta con crema di piselli freschi, punte di asparagi e listarelle di San Daniele, da aggiungere al momento di comporre il piatto, senza cuocerlo, oppure il goloso accostamento con la burrata pugliese, le olive taggiasche e i pomodori secchi sott’olio. Ideale per l’estate, invece, l’insalatina con i fichi – che si sposano alla perfezione con il prosciutto crudo – e il caprino, o ancora gli involtini di crudo farciti con zucchine grigliate e formaggio fresco.
La morbidezza delle carni, il sapore e l’aroma delicato, che diventa più intenso con l’aumentare della stagionatura, in passato lo resero caro anche a Giosuè Carducci, che lo assaggiò durante il suo soggiorno in Friuli del 1880, e a Gabriele d’Annunzio, particolare estimatore dei salumi – era ghiotto anche del Culatello di Zibello –, che domandava regolarmente a un suo amico bresciano di procurarglielo.
Una storia lunga oltre duemila anni
La consuetudine di salare la carne di maiale per conservarla fu introdotta in Friuli dai Celti in tempi antichissimi: questo popolo, infatti, si stanziò nel nord-est dell’Italia dal 400 a.C. fino alla fondazione della città romana di Aquileia, nel 181 a.C. Per le prime notizie ufficiali riguardo all’allevamento e alla pratica della norcineria, tuttavia, bisogna aspettare il periodo a cavallo tra il Medioevo e il Rinascimento: nel 1453, infatti, il medico Geremia Simeoni redige il manoscritto De conservanda sanitate – ancora oggi conservato nella Biblioteca Guarneriana di San Daniele – affermando che dei “porci domestici si possono conservare le parti magre conservate sotto sale”. Nel 1866, quando il Friuli Venezia Giulia è annesso al Regno d’Italia, il San Daniele viene già esportato nel resto del Paese e nelle principali corti d’Europa.
Ricavato esclusivamente da carne di suini nati e allevati in Italia, con metodi che rispettano il benessere dell’animale, il crudo friulano oggi è prodotto nei 31 prosciuttifici aderenti al Consorzio. Le cosce, dopo la salatura, vengono pressate a mano per far penetrare in profondità il sale e poi messe a riposo per quattro mesi all’interno di locali dall’elevato tasso di umidità. Le fasi successive sono il lavaggio in acqua tiepida, la lunga stagionatura che dura almeno tredici mesi – ma può arrivare anche a sedici o a ventiquattro – e la sugnatura, ovvero il massaggio con grasso suino e farina di riso o di frumento, che rende la carne straordinariamente morbida. Durante il riposo e la stagionatura, il clima dolce di San Daniele del Friuli, dove si incontrano i venti freddi provenienti dalle Alpi Carniche e labrezza salmastra dell’Adriatico, contribuisce in maniera determinante all’eccezionalità del prodotto finale. Il prosciutto si riconosce dalla tipica forma che ricorda quella di una chitarra, dal marchio impresso a fuoco e dalla fetta di un bel colore che oscilla tra il rosso e il rosato.
Il Prosciutto di San Daniele DOP è prodotto anche in casa Rovagnati, disponibile sia con l’osso, con lo zampino in bella mostra, sia disossato, per una maggiore praticità d’uso.
Dove gustarlo
Da lunedì 8 a venerdì 12 giugno, su alcune tratte dei treni Frecciarossa che collegano Roma e Milano, il San Daniele è stato offerto in abbinamento con grandi vini bianchi autoctoni del Consorzio DOC del Friuli Venezia Giulia. A guidare i viaggiatori all’assaggio è stato il sommelier dell’AIS Massimo Scicolone.
A fine mese, invece, il celebre prosciutto è protagonista di Aria di Festa, una quattro giorni di degustazioni, eventi, musica e passeggiate enogastronomiche tra le stradine medievali dell’incantevole borgo di San Daniele del Friuli e delle località vicine. L’edizione 2015 della longeva rassegna, che va in scena ogni anno dal 1985, è in programma da venerdì 26 a lunedì 29 giugno.