Una ricetta antica che ci porta a Vallerano, comune della Tuscia viterbese circondato dai Monti Cimini, nell’Appennino laziale. Qui, in passato, durante le lunghe giornate trascorse nei campi a raccogliere le olive – da cui si ricava il pregiato Olio extravergine della Tuscia, tutelato dal marchio DOP –, i contadini portavano con sé il Bagnone, un saporito guazzetto di baccalà che mangiavano con il pane raffermo. Piatto semplice ma nutriente per la presenza del baccalà, che fino a qualche decennio fa – al contrario di oggi – era considerato un cibo povero e non mancava mai sulla tavola delle famiglie più umili.
Il Bagnone è tra le pietanze tipiche della Tuscia, anche se ormai è quasi impossibile trovarlo nelle locande e nelle trattorie e viene cucinato esclusivamente nelle case. Non rappresenta più il pranzo a sacco dei contadini, ma gli abitanti di Vallerano, Ronciglione, Vitorchiano e degli altri borghi del viterbese di solito lo gustano a cena, durante i mesi invernali. Il procedimento però, che si tramanda da una generazione all’altra da tempi lontani, è rimasto inalterato: le massaie preparano un brodo molto profumato mettendo a bollire dell’acqua in una casseruola preferibilmente di coccio – che ‘trattiene’ meglio gli odori –, con uno spicchio d’aglio, abbondanti semi di finocchietto, leggermente dolci, e un cucchiaino di bacche di ginepro, che hanno un intenso aroma speziato; aggiungono poi il baccalà dissalato e tagliato a pezzi grossi, lasciandolo cuocere fino a quando diventa morbido e spugnoso. Infine, servono il Bagnone fumante su fette di pane casereccio appena grigliate sulla brace, completando con una spolverata di pepe nero – per una nota ancora più pungente – e con un filo di extravergine della Tuscia a crudo, che grazie al suo sapore delicato e fruttato bilancia alla perfezione il carattere ‘forte’ di questo piatto. Il risultato è un piccolo capolavoro della gastronomia laziale, ideale da riscoprire nelle serate fredde.