A prima vista sembra un semplice insaccato, a metà tra un salame e un cotechino e dall’insolito colore bianco, con screziature che vanno dal verde all’arancione. Ma il suo aspetto trae in inganno, perché il Pestàt non è un salume ma un condimento. È un impasto di lardo macinato, erbe aromatiche e spezie, che viene racchiuso in un budello di maiale o conservato in barattoli di vetro. La sua patria è Fagagna, un piccolo comune della provincia di Udine che l’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, ha inserito tra i “Borghi più belli d’Italia”.
Tagliato a fettine, può essere aggiunto a piccole dosi a piatti di carne, minestroni, sughi, zuppe di verdure o legumi, a cui dona profumo e sapore. Il lardo, sciogliendosi all’interno del tegame senza aver bisogno di olio o burro, sprigiona, infatti, l’intenso aroma delle erbe e regala morbidezza e corposità alle pietanze più diverse. È ottimo anche sul pane caldo, sulle patate al forno, sullo spezzatino di maiale, di manzo o di pollo. Nella sua terra natale viene poi impiegato per dar gusto alle brovade, rape conservate nella vinaccia e tagliate a striscioline, che accompagnano il musetto, il tipico insaccato friulano ricavato dal muso del maiale.
Il pestàt è prodotto anche nella variante ‘rossa’, con l’aggiunta di pomodoro all’impasto, ideale da spalmare sulle bruschette, leggermente scaldato in forno, o come condimento per la pasta.
Una lunga tradizione che rischia di scomparire
Tra le colline del Friuli, in un territorio incontaminato che fino a pochi decenni fa basava la propria economia sull’agricoltura e sul commercio dei suini, avviato in epoca napoleonica: è qui che nasce il pestàt, ricavato dai maiali allevati allo stato semibrado e alimentati esclusivamente con mangimi naturali.
Il particolare insaccato ebbe origine per un’esigenza ben precisa, quella di conservare le erbe coltivate durante l’autunno per l’intera stagione invernale: i norcini pensarono così di “intrappolarle” all’interno del lardo con l’aggiunta di sale e pepe, che erano grado di bloccare i processi di fermentazione delle verdure, consentendo loro di mantenere inalterate a lungo le caratteristiche organolettiche.
È prodotto da novembre a marzo, nel periodo di macellazione del maiale: il lardo, macinato finemente, viene mescolato con un trito di carote, sedano, cipolla, aglio e porri, insaporito con aromi e spezie (salvia, rosmarino, cannella, pepe nero e pimento o “pepe di Giamaica”), insaccato nel budello suino e messo a stagionare in cantine umide – quest’ultima fase è fondamentale affinché tutti i profumi si amalgamino alla perfezione. Dopo un paio di settimane di asciugatura il pestàt è già pronto per essere consumato, ma il suo sapore diventa più intenso con l’aumentare della stagionatura, raggiungendo l’apice circa dodici mesi più tardi.
Oggi, tuttavia, soltanto due aziende familiari di Fagagna – quella di Mario Lizzi e il Casale Cjanor di Luigina e Margherita Missana – continuano a produrre il pestàt, seguendo un procedimento rigorosamente artigianale; per scongiurare la scomparsa di questa lontana tradizione, nel 2006 Slow Food ha inserito la pregiata “conserva-condimento” friulana tra i suoi presidi, allo scopo di ricostruire una filiera di allevamento locale e di diffondere la conoscenza del salume oltre i confini regionali.